Il Fatto 22.11.17
Tullio Del Sette, ora il comandante dei carabinieri decide sui coindagati e chi lo indagò
Le
promozioni - Tra i generali soggetti alla valutazione di Del Sette i
colleghi coinvolti con lui nel caso Consip e nell’indagine sarda, ma
anche il capo del Noe che ha fatto l’inchiesta
di Marco Lillo
Il
3 dicembre, il comandante generale Tullio Del Sette dovrà decidere i
destini di generali che sono indagati con lui e di un generale che
comanda il Noe, che lo ha indagato. I Carabinieri dovranno “valutare” i
generali di brigata che aspirano a diventare generali di divisione. I
promossi dovrebbero essere cinque o al massimo sei. La commissione di
avanzamento sarà presieduta da un comandante generale indagato a Roma su
input di due diverse procure: Napoli e Sassari. E già questo sarebbe
inconcepibile in un paese normale. Perché è vero che per l’indagine
sassarese a Roma c’è già la richiesta di archiviazione ed è vero che la
presunzione di innocenza deve essere garantita a tutti ma forse al
numero uno dell’Arma si può chiedere un certificato dei carichi pendenti
meno fitto.
Come se non bastasse, il 3 dicembre Del Sette
presiede una commissione sulla carriera e lo stipendio di due generali
di brigata che sono indagati con lui: Emanuele Saltalamacchia e Antonio
Bacile. Non solo. Del Sette dovrà decidere il destino di un terzo
generale, Sergio Pascali, che guida un corpo (il Noe) che fino a pochi
mesi fa indagava proprio su Del Sette.
Sembra di essere in un film del tipo “Il Comando più pazzo del mondo” e invece siamo nell’Italia renziana.
I
generali non sono tutti uguali. Si va dal generale di brigata (una
stella) al livello intermedio del generale di divisione (due stelle)
fino a quello di corpo d’armata, con le sue tre stelle.
La
promozione da una a due stelle produce un aumento di circa 1.200 euro al
mese con riverberi sulla pensione. Il primo e il secondo in graduatoria
sono due 58enni che vantano titoli notevoli e sono dati per certi: Gino
Micale, capo reparto al Comando generale e Giuseppe Governale, ora capo
della Dia ed ex capo del Ros. A un incollatura da Governale c’è
Emanuele Saltalamacchia, amico dei Renzi e comandante della Legione
Toscana. Il generale è in realtà dato in partenza da Firenze per il
comando dei Carabinieri del Ministero degli Affari Esteri al fianco di
Angelino Alfano, che lo stima molto.
L’incarico vicino al ministro
dovrebbe aiutare un buon piazzamento per la promozione visto che quel
posto è stato ricoperto finora da un generale di divisione.
Saltalamacchia
è però anche lui indagato con il ministro Luca Lotti e con lo stesso
Tullio Del Sette con l’accusa di rivelazione di segreto e
favoreggiamento. Esattamente come il comandante avrebbe spifferato ai
vertici della Consip l’esistenza delle microspie del Noe, cioè dei
Carabinieri.
Saltalamacchia è stato tirato in ballo (non indagato)
nell’inchiesta di Massa sui carabinieri di Aulla. Il colonnello Valerio
Liberatori ha raccontato ai pm che, nella sua veste di comandante
regionale, avrebbe chiamato al telefono il procuratore capo di Massa per
sconsigliare di usare sui carabinieri i mezzi di indagine invasivi
prescelti dal sostituto procuratore, come le intercettazioni ambientali.
Questo verbale, come la sua posizione nell’inchiesta Consip, non
dovrebbero creargli problemi. Le valutazioni al Comando non vengono
fatte con i criteri della gente comune. E al Comando tutti danno per
scontato che Tullio Del Sette voterà a favore della promozione del
carabiniere amico di Matteo Renzi e di Luigi Marroni, anche se è
coindagato nell’inchiesta Consip.
Al quarto posto c’è Andrea
Rispoli, 57 anni, comandante della Legione Lazio e in ottimi rapporti
con il ministro dell’interno Minniti; quinto c’è il generale Antonio
Bacile, 60 anni, ex comandante della Sardegna e coindagato con Tullio
Del Sette per l’inchiesta sui trasferimenti dei carabinieri nell’isola.
A
Bacile il pm di Sassari contesta come abuso di ufficio il trasferimento
del capo del nucleo operativo di Bonorva. Come lo stesso pm contesta a
Del Sette altri due trasferimenti di più alto livello: quello del
comandante provinciale Giovanni Adamo e del tenente Francesco Giola.
Anche
in questo caso sarà interessante vedere se Del Sette sentirà imbarazzo
nel decidere di promuovere un generale che è accusato del suo stesso
reato nella stessa inchiesta, ancorché per entrambi penda la richiesta
di archiviazione.
Ancora più imbarazzante però è il sesto nome
della lista: Sergio Pascali, 62 anni, comandante del Noe, corpo che ha
indagato su Del Sette fino a marzo scorso quando il procuratore capo di
Roma Giuseppe Pignatone ha deciso di togliere la delega di indagine al
Noe.
Il comandante Pascali allora difese i suoi uomini e scrisse
una lettera a Pignatone per stigmatizzare le modalità di comunicazione
della decisione. Del Sette sarà imparziale nella valutazione di un
comandante che non ha assecondato una scelta a lui certamente gradita,
come quella di sfilare dalle mani del Noe, e di Gianpaolo Scafarto in
particolare, le indagini? Sarebbe sufficiente l’astensione da questa
sola pratica visto che le altre pratiche sono connesse?
Non sfugge
l’asssurdità della situazione nella quale si troveranno per la prima
volta il 3 dicembre i Carabinieri per colpa del ministro della difesa
Roberta Pinotti, del premier Paolo Gentiloni e del presidente Sergio
Mattarella. Il 15 gennaio hanno deciso di prorogare per un anno Tullio
Del Sette. Eppure era indagato dalla Procura di Napoli con un’accusa
grave per un comandante generale, come quella di avere tradito i suoi
uomini spifferando l’esistenza delle intercettazioni ai vertici Consip.
Eppure Il Fatto lo aveva già scritto da tre settimane. Ora i nodi
vengono al pettine.