Il Fatto 17.11.17
Donne, basta hashtag: andate in procura
di Luisella Costamagna
Confusione,
clima da caccia alle streghe, derive sessuofobiche. Un problema così
maledettamente grave e delicato come le violenze e le molestie sessuali
avrebbe bisogno di chiarezza, sostegno alle vittime, esempio da parte
delle cosiddette vip. Invece si è creato un gran polverone in cui
rischiano di mescolarsi piani profondamente diversi: semplici avance
confuse con abusi; drammi veri con ricerca di visibilità, vendette
personali, alibi per i propri fallimenti professionali; stupri con forme
di prostituzione; si è puntato il dito verso Hollywood, ma guai a
toccare le star nostrane; si sono lanciate accuse in tv ma senza nomi né
denunce vere alla magistratura.
Ora però basta: ora che le
vicende Weinstein e Brizzi assumono contorni sempre più inquietanti,
smettiamola di confondere le acque, trasformare tutto in molestia col
rischio che alla fine non lo sia più nulla, indignarci solo sui media
col rischio che presto tutto torni come prima. Guardiamo davvero in
faccia la realtà, sfruttiamo l’indignazione collettiva per cambiare
concretamente le cose, per le tante, troppe, vittime di violenza (vip e
non).
Una realtà, quella italiana, in cui i femminicidi sono in
aumento negli ultimi anni, mentre tutti gli altri reati calano; in cui
le molestie sessuali – quelle per cui tanto c’indigniamo adesso – non
sono manco disciplinate dal codice penale, ma ricondotte alle molestie
in generale, con sanzioni ridicole come una multa fino a 516 euro; in
cui l’uomo che a luglio uccise la fidanzata è a casa dopo due mesi e il
padre che violentò la figlia da quando aveva 8 anni (8 anni!),
“prestandola” anche agli amici, non farà un solo giorno di carcere. Un
Paese in cui le istituzioni che ora solidarizzano – giustamente – con
Asia Argento, alle ragazze stuprate a Firenze dai carabinieri avevano
fatto la ramanzina (“Firenze non è Disneyland, eh”) e che, mentre
promettono – domani – più soldi per i centri antiviolenza, approvano –
oggi – una legge vergognosa sui risarcimenti alle vittime. Sapete quanto
valgono per lo Stato italiano? 8.200 euro ai figli di una donna uccisa e
4.800 a chi viene stuprata. Un Paese in cui chi subisce violenza
sessuale ha solo 6 mesi di tempo per denunciare – contro i 10 anni degli
Usa – altrimenti il reato non è perseguibile. Se rielaborare una
violenza richiede anni – ammesso e non concesso che poi ci si riesca –
come si fa a denunciare in 6 mesi? Chiediamo di cambiare questa e le
altre leggi e, nel frattempo, le (presunte) vittime di Brizzi (difeso
anche dalla moglie) lo denuncino per violenza privata, che consente più
tempo, come spiegava l’altro giorno al Fatto l’avv. Giulia Bongiorno.
Certo, la violenza dovrà essere dimostrata, perché il regista nega
qualunque rapporto “non consenziente”, ma è indubbio che i loro racconti
sono molto circostanziati e simili (oltreché schifosi) e potrebbero
aggiungersi altre ragazze, con nuovi elementi.
Ora basta
indignazioni mediatiche, hashtag #Metoo sui social: servono fatti. Nuove
leggi, fondi e denunce non in tv ma in Procura: per fermare gli orchi,
evitare nuove vittime e spingere altre donne a denunciare. O vogliamo
accontentarci del nome cancellato dal cartellone dell’ultimo film per
mere ragioni economiche e di dissociazioni di circostanza che, in
definitiva, paiono perfetti strumenti di promozione?