Il Fatto 16.11.17
L’imbarazzo di cercare Corbyn in Italia
di Francesca Fornario
C’è
una parola tedesca per descrivere il sentimento che pervade il popolo
di sinistra: Fremdschämen. Fremd, estraneo, e Schämen, provare vergogna.
Sentirsi in imbarazzo per qualcosa che qualcun altro ha fatto. Per
“popolo di sinistra” intendo la diaspora dei cittadini che qui non
votano o votano partiti diversi ma che fossero inglesi avrebbero
sostenuto Jeremy Corbyn, americani Bernie Sanders, spagnoli Podemos,
francesi Jean-Luc Mélenchon: interrogandosi affatto sulla loro
appartenenza ai partiti piuttosto che alla società civile, apprezzando
il linguaggio nuovo e movimentista del giovane Iglesias che non nomina
mai la sinistra tanto quanto quello vecchio di Corbyn e Mélenchon che
stanno in Parlamento da trent’anni, cantano Bandiera Rossa e accusano “I
padroni”.
Quel che entusiasma sono le loro proposte radicali, la
promessa di giustizia sociale, le critiche feroci al sistema, la
coerenza. Il popolo di sinistra che altrove si ritrova e si esalta da
noi assiste perplesso a Giuliano Pisapia che lancia “Diversa”, una
proposta per chi, ogni giorno, dice una cosa diversa. Al ritorno di
Walter Veltroni che scrive la storia di un comunista che prende una
botta tremenda, va in coma per anni, si risveglia in stato confusionale e
scrive la storia di un comunista che… A Matteo Renzi che ora tratta per
spaccare Mdp tra quanti vogliono un nuovo centrosinistra e quanti,
invece, rivogliono quello vecchio.
Agli esponenti della società
civile che convocano assemblee e le sconvocano per continuare a
discutere tra loro su Twitter delle condizioni che avrebbero imposto ai
partiti se avessi partecipato all’assemblea che hanno sconvocato: “Non
candidare nessuno che avesse avuto incarichi di governo”. Bastava dirlo
prima! Ci saremmo risparmiati mesi di discussioni su – e con – Massimo
D’Alema e Pierluigi Bersani sull’oggettiva difficoltà di riaccendere
l’entusiasmo in chi ha patito le conseguenze delle riforme Monti e Renzi
candidando chi quelle riforme le ha votate. Adesso è troppo tardi.
Meglio troppo tardi che mai.
di Francesca Fornario