mercoledì 15 novembre 2017

Il Fatto 15.11.12
La politica dello struzzo non paga
Emergenze elettorali - L’efficacia di aver demandato il controllo dei flussi si sta rivelando di breve durata
di Guido Rampoldi

Finisce com’era prevedibile da mesi: con un disastro umanitario che non può essere più occultato e comincia a scandalizzare il mondo. L’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Raad al-Hussein, ha la buona grazia di non chiamare in causa l’Italia ma è evidente che si riferisce soprattutto al nostro Paese quando scrive che “la politica dell’Unione europea è disumana”. Possiamo considerarlo il bisbiglio inoffensivo di un dignitario musulmano, futile esercizio d’indignazione di un carrozzone internazionale, e tornare a occuparci di fiaschi più toccanti e familiari, dalla Nazionale al Pd renziano.
Ma la sconfitta che stiamo rimediando in Libia è di quelle che restano scolpite nei libri di storia e contribuiscono alla nostra immagine internazionale, a definire il nostro posto nel mondo, oltre che in un’Europa cui purtroppo somigliamo. E per allontanare l’onta non basterà dire, con il ministro degli Interni Minniti, ‘se non vi sta bene proponete voi un’alternativa’. Quell’alternativa saremmo noi a doverla produrre, e in fretta, se vogliamo recuperare la credibilità sacrificata sull’altare d’una Realpolitik avventurosa e sbagliata. Per cominciare sarebbe indispensabile prendere atto del fallimento.
Si dirà che avere in Libia una politica è stato comunque meglio che non averne alcuna, come accadeva al tempo del governo Renzi. E si potrà aggiungere che non era agevole far collimare i nostri interessi strategici con una politica umana sull’immigrazione. Ma nel suo procedere a tentoni, zigzagando parecchio, il governo ha inanellato errori e orrori del tutto gratuiti. Roma aveva il diritto di riprendersi il controllo sui flussi migratori: ma non c’era alcun bisogno, per cominciare, di lasciar correre, cioè favorire, l’aggressione contro le Ong del mare, condotta da buona parte di Parlamento e media, e nutrita da istituzioni (verosimilmente con un apporto dei nostri servizi, il cui compito non è di manipolare l’opinione pubblica).
C’era lo spazio per consolidare una collaborazione tra Stato e Ong: invece le Ong, anche quelle che subordinavano la propria suscettibilità all’interesse primario di tutelare l’incolumità dei migranti, sono state prima strattonate da Roma e poi costrette ad abbandonare le acque antistanti la Libia da un diktat della guardia costiera libica vidimato dal silenzio-assenso dell’Italia.
Alla fine dell’estate molti giornali salutavano il successo della politica italiana e un editoriale del Corriere
intimava a noi scettici di cospargerci il capo di cenere. Il numero dei migranti arrivati in Italia era diminuito, così il numero degli affogati; quelli intercettati in mare dalla guardia costiera venivano serenamente ‘riaccompagnati’ in ‘centri d’accoglienza’, in realtà osceni lager, come certifica l’Alto commissariato Onu.
Ma un cambiamento radicale la politica italiana l’ha prodotto: ha fatto sparire dalla scena i migranti, un gioco di prestigio che permetteva di dimenticare in quali condizioni disperate languissero e di incassare il plauso di un’opinione pubblica maldisposta verso stranieri poveri. Non è durata: Invisibili a tanti media e politici nostrani, i prigionieri dei lager sono di nuovo sotto gli occhi del mondo.
Cosa fare? Se c’è una cosa chiara è che la salvezza dei 150 mila intrappolati sulle coste libiche non può essere delegata al circuito milizie-trafficanti né ai loro referenti politici, nessuno dei quali ha sufficiente forza e autorità per imporsi. È in corso un negoziato Onu che pare condurre a nulla. Il generale Haftar, un furfante che l’Italia da ultimo ha cercato di blandire sorvolando sui suoi documentati crimini, si sta rivelando un bluff. E dove si combatte, il conflitto minaccia di saldarsi alle turbolenze egiziane in un’unica area di crisi, un’Egibia alle nostre porte.
Occorre una decisa iniziativa europea. Non se ne vedono le condizioni, ma proporla e battersi perché entri nell’universo delle possibilità, sarebbe un esercizio morale e intellettuale utile a immaginare soluzioni diverse dalla politica dello struzzo, per ‘popolare’ che possa risultare quell’impedirsi di vedere e capire.