lunedì 13 novembre 2017

Il Fatto 13.11.17
L’ambiguità tra i sessi è anche peggio della molestia
di Elisabetta Ambrosi

Può esistere qualcosa di più insidioso delle molestie e dell’aggressione sessuale esplicita, di cui mezzo mondo sta discutendo? Sì: è il clima di costante e strutturale ambiguità che esiste quando una donna si trova a parlare di un lavoro con un uomo con un potere superiore al suo. Lei sa, e lui glielo conferma, che sarebbe utile gratificarlo, anche solo vestendosi bene, e sensuale, per lui. Lei sa che intrecciare un rapporto informale, intriso di erotismo, anche quando non si arrivi al sesso, è la strada che l’avvicinerà a ciò che sta cercando. Come lo è, ovviamente, avere un rapporto sessuale, con uomini che non sono mostri ma possono anche essere belli, simpatici, ironici.
Ma non è questo il punto. Anche quando una donna si ritrova in una relazione non spiacevole, comunque è a disagio perché non c’è parità. Lo racconta la sua ansia e paura di troncare, perché questo significherà inesorabilmente porte chiuse per lei. Di tutto questo, cioè del fatto che quel rapporto non è paritario, l’uomo che ha più potere spesso è ignaro: crede che ciò che stia accadendo sia una cosa naturale, così come ritiene naturale che del lavoro di cui si stava parlando non si debba più discutere in caso di allontanamento e rottura della relazione.
Invece le cose stanno diversamente e le donne lo sanno. Sono colpevoli? Può darsi. Eppure non sono migliori quegli uomini che neanche si rendono conto di quanto asimmetrici siano certi rapporti basati sulla differenza di potere, e sul timore, che ne consegue, di chi potere ne ha meno e che normalmente è in una posizione di maggiore fragilità.
Perché alla fine (quasi) sempre di questo si parla: un uomo con un ricco stipendio da un lato, una donna precaria o disoccupata, o comunque più povera, dall’altro. Responsabili entrambi di un clima sessualizzato, ma – di sicuro – in proporzione al loro potere e forza economica.