Il Fatto 10.11.17
Periferie violente. Ostia è la sintesi tragica di una democrazia agonizzante
di Enrico Fierro
Dove
sale il fascismo, sale la violenza. A Ostia un cronista è stato ferito
da un esponente della famiglia Spada, che ha appoggiato il candidato di
CasaPound. Ma a essere ferita è stata la democrazia. Pensavamo che
l’antifascismo fosse diventato una bandiera da srotolare solo il 25
aprile e invece dobbiamo mobilitarci tutti i giorni. C’è troppo lassismo
e sottovalutazione del morbo fascista. Tra le “ragazzate” dei saluti
romani, gli “sfottò” delle foto di Anna Frank, stiamo scivolando nel
baratro della violenza che erode il diritto. Complice anche l’abbandono
da parte dello Stato delle periferie, dove ormai si ottiene consenso con
pasta e pestaggi. L’ingiustizia sociale genera rabbia, la placenta
della destra. L’aggressione alla libera stampa è un segno grave di
deterioramento della democrazia. Ma forse è stato un bene, perché ha
svegliato la politica dal disinteresse per i bisogni degli emarginati. E
ha fatto capire che non si vince al centro, ma in periferia. Arrivando
prima dei pacchi di pasta fascista. Con case, lavoro, cultura, legalità,
Dimmi come stanno le tue periferie e ti dirò come sta la tua
democrazia.
di Massimo Marnetto
Signor Marnetto,
lei ha ragione su tutto. Sottoscrivo in pieno la sua lettera che solleva
temi, le confesso, che mi angosciano da anni. “Dimmi come stanno le tue
periferie e ti dirò come sta la tua democrazia”, lei scrive. Le
periferie stanno malissimo. La democrazia è agonizzante. Ostia è la
sintesi tragica delle cose che lei analizza. Ostia Nuova, un deserto di
case popolari lasciate al degrado, strade senza un servizio che sia uno.
Assenza totale di associazioni, partiti politici, circoli, palestre
pubbliche, insomma, quell’insieme di strutture che rappresentano
un’alternativa al lasciarsi andare. Qui la democrazia non ha parole, non
fornisce esempi, non educa. Un vuoto profondo, colmato dai clan, dai
loro uomini più rappresentativi e dai fascisti. Mafia e fascismo a Ostia
camminano a braccetto da anni. Ci chiediamo, io e lei, signor Marnetto,
coltivando la stessa angoscia, come sia potuto accadere. Ostia Nuova
negli anni 70 era un quartiere “rosso”, antifascista, democratico. Una
spiegazione ce la può dare Jack Dion, un giornalista francese che ha
studiato il successo della destra nelle banlieue, nel libro “Le mépris
du Pouple” (Il disprezzo del popolo). Scrive Dion, “quando i partiti che
si succedono al potere si trasformano in strumenti di difesa
dell’ordine stabilito, il popolo diventa un nemico, esso simboleggia un
pericolo potenziale”. Come se i partiti, e gli altri strumenti della
democrazia, coltivassero una sorta di (il neologismo è sempre del
saggista francese) “prolofobia”, paura del proletariato. Condivido
questa analisi avendo osservato e raccontato alcune periferie italiane,
da Scampia (Napoli) e Librino (Catania), al Paradiso (Brindisi). Temono
il proletariato, gli emarginati e i luoghi dove vivono e si aggregano.
Fuggono e il vuoto viene colmato da boss e fascisti. Sono loro gli
“amici” del popolo, quelli che “fanno del bene”. Loro l’immagine di una
ribellione che favorirà solo ed esclusivamente le élite.