Il Fatto 10.11.17
Renzi ha rapito il corpo del malato
di Salvatore Settis
Il
suicidio assistito del Pd ha fatto tappa in Sicilia. Ispirandosi al
Dottor Morte (Jack Kevorkian), il primario Matteo Renzi ha sequestrato
il corpo del malato e lo dissangua senza pietà. Lo circondano premurosi
assistenti-complici pronti a tutto, ma anche parenti in gramaglie che
oggi biasimano l’assassino e domani gli votano la fiducia. A star dietro
a tali balletti si rischia di non cogliere la radicale metamorfosi del
Pd: da gioiosa macchina da guerra del 40% dopo le elezioni europee del
2014 a ipotetico ago della bilancia nel 2018, vaso di coccio fra i vasi
di ferro dei due partiti maggiori, M5S e le destre. E quanto al Dottor
Morte nostrano: da premier a candidato premier, e infine a ipotetico
ministro di Qualcosa in un governo con le destre.
Non si ripeterà
mai abbastanza che l’errore di prospettiva di quel 40,81% alle Europee,
che valeva la metà perché solo il 50,58 % dell’elettorato aveva votato,
non fu solo di Renzi, ma di chiunque chiuse allora gli occhi per non
vedere e la bocca per non parlare. Ma tutta la strategia del Pd da
allora al referendum del 4 dicembre 2016 fu ispirata da quell’equivoco:
il miraggio di un inesistente 40% e la verità taciuta di un elettorato
ridotto alla metà, e dunque più facile da manipolare. Questa fu la ratio
dei volgari trucchi della legge elettorale detta Italicum, bocciata
dalla Consulta senza aver funzionato nemmeno un giorno; questa, con
travestimenti furbeschi e traguardando su possibili coalizioni, la ratio
della nuova legge elettorale, che puzza di incostituzionalità prima di
esser messa alla prova delle urne. L’enorme massa degli italiani che non
votano è di fatto il cuore nascosto della politica e di ogni scommessa
sulla democrazia di questo Paese. In Sicilia non ha votato il 53% degli
elettori: lo stesso astensionismo delle regionali in Basilicata nel
2013. Per non dire dell’Emilia-Romagna, dove alle regionali 2014 non
andò alle urne il 63% degli elettori. Cifre come queste tolgono
credibilità agli eletti e segnalano una radicale sfiducia nella
politica, virus temibile che delegittima le istituzioni. Eppure si parla
poco di astensionismo, e intanto quasi tutti aspirano confusamente a
farne un instrumentum regni. In due modi diversi, anzi opposti: secondo
la ricetta Renzi (favorire l’astensionismo, concentrando gli sforzi
propagandistici su chi si ostina a votare); o secondo la formula magica
“del 4 dicembre” (recuperare al voto chi votò al referendum). Questo
sortilegio, che accomuna il M5S e pezzi importanti di sinistra
alternativa, in Sicilia è fallito: la percentuale degli astenuti è
infatti identica a quella del 2012. Chiamare alle urne chi vi andò il 4
dicembre è un bello slogan, ma da solo non funziona. Non solo perché,
come sanno tutti, vi fu sul referendum un’impropria alleanza tra forze
politiche e idee assai disomogenee (da Brunetta a Zagrebelsky), ma per
un motivo molto più importante. Se il 4 dicembre l’astensionismo si
fermò al 34%, è perché milioni di cittadini capirono che quella
riscrittura della Costituzione metteva a rischio i loro diritti,
limitava la democrazia, favoriva uno sgangherato autoritarismo. In vista
delle Politiche che ci aspettano dietro l’angolo, se non vogliamo
rassegnarci a un’Italia dove meno del 50% dei cittadini è disposto ad
andare alle urne, la scelta è una sola. Approntare, dichiarare,
sbandierare programmi di governo fondati sui diritti costituzionali dei
cittadini: dimostrarne la fattibilità giuridica, politica, economica.
Ricordare ai cittadini quali sono i diritti che rischiano di essere,
anche se non cancellati da una riforma costituzionale, calpestati di
fatto perché dimenticati o seppelliti sotto valanghe di leggi e leggine.
Proporre un orizzonte, un traguardo: non un astratto storytelling
dell’Italia-che-non c’è, ma il profilo dell’Italia che (secondo la
Costituzione) deve esserci; e di come arrivarci. Dalle profondità del
coma indotto e governato dal Dottor Morte all’italiana, è improbabile
che il Pd trovi il bandolo di questa matassa, anche perché intento ad
auto-intrappolarsi nel gioco delle correnti interne. Ma le forze alla
sua sinistra non saranno afflitte da una simile malattia senile, e non
si condanneranno a un analogo, sterile correntismo? E saprà mai indicare
credibili progetti di governo il M5S, se non ha saputo affrontare
adeguatamente il tema della democrazia interna?
Pensiamo
all’Italia che generò quella Costituzione che abbiamo saputo difendere
col voto. Quella Carta non nacque da accordi di vertice fra i partiti ma
da un vasto consenso nel Paese. Fuori dell’Assemblea Costituente vi
furono, allora, i “Costituenti-ombra”: cittadini che contribuirono a
delineare un orizzonte di diritti e un traguardo di assetti di governo,
dettando di fatto gli indirizzi che oggi troviamo scolpiti nella Carta.
Contro lo scandalo di un dibattito politico che si svolge sulle
procedure, sulle modalità, sulle alleanze, sulle liste elettorali, sulla
difesa dei privilegi, e non sulla sostanza dei problemi, non sulla vita
degli italiani e sul futuro della Repubblica, chi saprà scagliare la
prima pietra?