Corriere10.11.17
Trump a Pechino evita polemiche «Deficit colpa dei miei predecessori»
Toni concilianti del leader Usa: non do la colpa alla Cina. Siglate intese per 250 miliardi
di Guido Santevecchi
PECHINO
«Xi Jinping è un uomo davvero speciale e il popolo cinese fa bene ad
essere molto orgoglioso di lui», dice Donald Trump. Xi lo osserva con un
lieve sorriso, da imperatore compiaciuto. Subito dopo però il
presidente americano solleva la questione del deficit commerciale enorme
degli Stati Uniti con la Cina: 347 miliardi di dollari l’anno scorso. E
chiede la fine di questa situazione «molto sleale». A Pechino, blandito
dall’accoglienza imperiale nella Città Proibita, Trump si guarda bene
dal rispolverare le parole della campagna elettorale, quando accusava la
Cina di aver «stuprato l’economia americana». E ora sostiene: «Non do
la colpa alla Cina, dopo tutto, chi può incolpare un Paese che si
avvantaggia su un altro per il bene dei propri cittadini». Colpa delle
precedenti amministrazioni americane dunque, nella visione di Trump, che
è stato eletto promettendo America First.
La Casa Bianca pompa i
risultati di questo vertice: le imprese americane, da Qualcomm alla
Boeing, da Goldman Sachs a Caterpillar annunciano intese che valgono 250
miliardi di dollari. Un risultato «miracoloso» in così poco tempo,
dicono i cinesi. Ma i detrattori di Trump ricordano che sono accordi da
spalmare in un decennio almeno e che molti erano in gestazione da tempo e
altri sono solo memorandum preparatori. Sinopec, azienda statale cinese
dell’energia, promette di investire 43 miliardi in Alaska per
sviluppare un gasdotto: il governatore dello Stato sostiene che saranno
creati 12 mila posti di lavoro americani. Boeing incassa l’ordine per
300 aerei, un affare da 37 miliardi di dollari. Il segretario di stato
Rex Tillerson ammette che sono numeri ancora molto piccoli comparati con
lo squilibrio commerciale.
Alle parole molto cordiali e
rispettose dell’ospite americano Xi non ha risposto con altrettanto
entusiasmo. Ha detto che la cooperazione tra le due superpotenze è
l’unica scelta praticabile, non si è congratulato in pubblico per il
primo anniversario dell’elezione alla Casa Bianca. Ha osservato che «le
differenze ci sono ma bisogna lavorare insieme e questo vertice storico
ha indicato la direzione». Spiega al Corriere il professor Shen Dingli,
esperto di relazioni internazionali: «Bisogna stare attenti a una
differenza: Xi in patria è molto amato, Trump invece provoca divisione e
malcontento tra il suo popolo; quindi Xi non può esagerare con gli
elogi per l’ospite, per non ferire l’altra parte dell’America». Come
dire che Trump passerà, Xi resterà ancora a lungo. Trump torna sulla
Nord Corea, tema centrale della sua missione in Asia: definisce il
regime di Kim «assassino», dice ancora che Xi è di grande aiuto e
assicura che «possiamo liberare il mondo dalla minaccia nucleare
nordcoreana».
Xi, in piedi accanto a Trump, ha continuato a non
battere ciglio. Ma è un fatto che il leader cinese non ha mai voluto
incontrare il Maresciallo di Pyongyang, lo disprezza e sta stringendo le
sanzioni. Trump ha bisogno di imbarcare anche la Russia nell’azione di
accerchiamento. Oggi in Vietnam per il vertice Apec vedrà Putin, ma sarà
un «vertice formale» solo se potrà uscirne una dichiarazione utile alla
causa, diceva ieri sera il prudente Rex Tillerson .