giovedì 9 novembre 2017

Corriere 9.11.17
La chat con le foto di 63 liceali nude «Ho paura, i miei non sanno nulla»
Modena, lo scambio di immagini su WhatsApp finisce in Rete. «Era solo un gioco»
di Elena Tebano

«Abbiamo iniziato la chat dopo la fine della scuola, durante le vacanze estive, un po’ per noia, un po’ per divertirci, ma pensavamo rimanessero solo fra noi, per scherzare e ridere, non avremmo mai fatto scatti da distribuire in giro». «Noi» sono 63 ragazze tra i 16 e i 17 anni della provincia di Modena e Reggio Emilia, studentesse nella stessa scuola, e a parlare è una delle 17enni: per mesi, tra maggio e settembre, si sono scambiate messaggi e foto sempre più intime, alcune a sfondo sessuale. Che poi sono state in parte «rubate» e spedite senza il loro consenso su WhatsApp, Instagram, Snapchat a compagni di scuola. Il fenomeno del «sexting», scambio di messaggi e foto erotiche, è diffuso tra gli adolescenti, ma in questo caso colpisce il numero di ragazzine, tutte femmine, coinvolte.
La vicenda è emersa quando il fidanzatino di una di loro si è rivolto all’associazione antipedofilia «La Caramella Buona», che ne ha dato notizia su Il Resto del Carlino . Adesso, attraverso l’associazione, una delle giovani racconta al Corriere cosa è successo. «Io non conosco tutte le ragazze del gruppo WhatsApp, solo 4 o 5, delle altre ho visto le fotografie e i video — spiega —. Le mie clip non sono esagerate, ma qualcuna è andata oltre».
In una dinamica tipica dei gruppi chiusi, dalle prime «normali» foto in costume le adolescenti sono passate a immagini sempre più esplicite, fino a mostrare atti sessuali. In tutto un giga di dati. A un certo punto gli scatti sarebbero stati intercettati da un coetaneo che li ha diffusi tra i ragazzi della zona — come e perché lo chiarirà la magistratura che ha aperto un’indagine. «Nei giorni scorsi a scuola ci siamo accorte che qualcosa di strano era successo — dice ora la 17enne —. Ci è voluto poco a capire cosa. Io mi sono spaventata. Ho pensato ai miei genitori, al fatto che potevano reagire malissimo e sono entrata nel panico, come le altre».
Una reazione comprensibile ma che ha reso più difficile fermare la diffusione delle foto: «Devo ancora dirlo ai miei — ammette la ragazza —, non so che fare. Nel gruppo qualcuna, come me, deve decidere; altre se ne fregano, non vogliono dirlo a nessuno: sostengono che tanto viene tutto cancellato. Io non ci credo».
«I giovani sono molto bravi a utilizzare i dispositivi che hanno a disposizione, ma hanno difficoltà a proiettare nel futuro e oltre lo spazio della loro camera, del telefono o del pc le conseguenze di ciò che fanno — conferma Nunzia Ciardi, direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni —. Invece devono sapere, al di là del caso specifico, che le foto di una minorenne nuda sono materiale pedopornografico: è un reato sia scaricarle che diffonderle».
E una volta finite online, anche se su un gruppo chiuso che illude di controllarle, possono essere diffuse all’infinito: «Gli adolescenti pensano che il materiale condiviso con WhatsApp rimanga congelato — spiega il presidente di «La Caramella Buona» Roberto Mirabile — oppure che basti un semplice click per eliminarlo. Purtroppo non è così».