martedì 7 novembre 2017

Corriere 7.11.17
MDP E GLI ALTRI
La sinistra al primo test si ferma al 6% Delusione e allarme tra i bersaniani
Tra i fuoriusciti serpeggia la paura di aver pagato
il prezzo della scissione per fondare un partitino
Monica Guerzoni

PALERMO Svanito il doppio sogno del risultato a due cifre e del sorpasso sul Pd, la sinistra nata a febbraio da una costola dei dem fa i conti con la sua prima delusione elettorale. Il traino di Bersani e D’Alema non c’è stato e adesso, fallito il test in Sicilia, tra i fuoriusciti serpeggia la paura di aver pagato il prezzo della scissione per fondare un partitino di mera testimonianza. Roberto Speranza ha convocato d’urgenza il coordinamento per l’analisi del voto, il che conferma quanto alto sia il livello di allarme al vertice di Mdp. E dire che, in soccorso di Claudio Fava, erano scesi in Sicilia tutti i «big» del movimento. L’ex premier Massimo D’Alema, l’ex segretario Pier Luigi Bersani, il presidente della Toscana Enrico Rossi, il leader di St Nicola Fratoianni e lo stesso Speranza, che si è detto «soddisfatto di un risultato che ci dà una forza significativa». Ma il suo commento rassicurante stride con il magro bottino elettorale portato alla nuova «ditta» dal vicepresidente dell’Antimafia.
La Sicilia sarà pure una regione storicamente di destra, come si affannano a ricordare i dirigenti di Mdp, ma Fava si è fermato poco sopra il 6% e la lista ha raggiunto appena il 5,3. Un risultato ben al di sotto delle attese. «Corro per vincere», si era sgolato il candidato presidente. E D’Alema aveva scatenato le ire dei renziani affermando che «solo uno stupido può pensare al voto siciliano come a un fatto locale». Un anatema che rischia di ritorcersi contro Mdp. Il senatore Federico Fornaro ammette che «il dato è buono ma non buonissimo» e va dritto al punto politico: «Siamo nati per intercettare il voto dei tanti che si sono allontanati dal Pd e non abbiamo centrato l’obiettivo». È vero che la Sicilia ha quasi sempre penalizzato la sinistra, ma per sperare di agguantare il 10% su scala nazionale bisognava raggiungere almeno l’8 sull’isola, il che non è stato. «Non siamo riusciti a bucare, parte della nostra gente si è rifugiata nell’astensionismo — riconosce Fornaro — Questo è il punto dolente». L’eurodeputato Massimo Paolucci, dalemiano di ferro, ha passato la giornata a compulsare i dati e si sforza di leggerli in positivo. «A Palermo e a Messina siamo sopra l’8, a Ragusa lo sfioriamo, a Catania siamo al 6... ». E nelle province? «Lì i numeri sono meno buoni, ma abbiamo preso centomila voti. Un risultato straordinario». I dati dicono il contrario e per quanto Fava si sforzi di diffondere il «legittimo orgoglio» di aver superato lo sbarramento, i suoi non fanno che elencare le ragioni di un risultato modesto: dall’appello del Pd al voto utile, alla campagna troppo breve e senza soldi. Bersani si aspettava che dalla Sicilia «potesse ripartire un progetto serio di sinistra di governo, recuperando quella grande parte di elettorato che si è disamorata». E chissà se lo consola l’aver contribuito alla disfatta del Pd, accelerando una svolta che potrebbe coinvolgere la leadership di Renzi. Superata l’asticella del 5%, a Palazzo dei Normanni entreranno tre esponenti della sinistra. Per Arturo Scotto non è poco: «La nostra priorità era tornare dopo un decennio nell’assemblea regionale. Ora lavoreremo per radicare una forza della sinistra che attraversi il deserto».