Corriere 4.11.17
Un’offensiva su via Nazionale che va oltre il voto siciliano
di Massimo Franco
Sarà
difficile prolungare la vita della commissione d’inchiesta sulle banche
oltre lo scioglimento del Parlamento. Altrimenti, significherebbe
accentuare l’aspetto strumentale di una polemica che ha già sprigionato i
suoi effetti negativi sulla scelta del governatore di Bankitalia; e
danneggia l’immagine del nostro Paese. D’altronde, sembra che lo stesso
Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione, tema che diventi
un’arma impropria: un manganello demagogico utilizzato in campagna
elettorale puntando alla fine contro il presidente della Bce, Mario
Draghi.
Ma il Pd, che ha voluto la Commissione d’inchiesta, non
sembra intenzionato a rinunciarci; né imbarazzato di trovarsi a
braccetto del Movimento 5 Stelle. Domani si vota in Sicilia, e il
partito di Matteo Renzi teme una brutta sorpresa. Per questo, il
segretario ha disertato qualunque comizio. E ieri ha fatto sapere che il
risultato conterà solo per la regione. La sua ottica è di archiviare al
più presto una sconfitta che molti danno per scontata, spostando
l’attenzione altrove. Centrodestra e Cinque Stelle stanno facendo la
parte del leone, nell’isola. Perfino Mdp conta di togliere molti voti al
Pd. E il risultato si proietterà a livello nazionale.
Ieri il
capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha firmato una riforma elettorale
che, al di là dei dubbi di costituzionalità sollevati dal M5S, tende a
favorire le alleanze. Sotto questo aspetto, una sinistra lacerata appare
più in difficoltà di FI, Lega Nord e FdI. Il tema delle banche, dei
controlli mancati o insufficienti da parte di Bankitalia rispetto ad
alcuni istituti di credito, riflette il tentativo del vertice dem di
uscire dall’angolo; e di recuperare un dialogo con un’opinione pubblica
composta in parte da risparmiatori truffati o comunque danneggiati.
Operazione
non facile, perché il binomio Banca Etruria-governo Renzi è diventato
virale, sebbene venato da una dose di strumentalismo che ha messo in
ombra altri casi. L’idea di attaccare Bankitalia per strapparsi di dosso
l’etichetta di salvatore di istituti tra cui quello dove il padre di
Maria Elena Boschi era vicepresidente, per il Pd è complicato. Ma Renzi è
convinto del contrario. «Chi ha sbagliato paghi: non è populismo, è
giustizia», ripete. «I lavori della commissione saranno molto utili...
Basta buttare la croce addosso ai politici di turno» da parte delle alte
burocrazie. Sembra quasi un esorcismo contro un futuro governo tecnico
sulle macerie dei partiti.
Pazienza se l’offensiva lascia
perplessi sia il Quirinale che il premier Paolo Gentiloni; e colpisce
l’immagine del Paese all’estero, visto che proviene da un ex capo del
governo e leader del maggior partito. Sembra che il vertice dem non si
curi nemmeno dell’attacco implicito a Draghi, sostenitore con Mattarella
della conferma del governatore Ignazio Visco, osteggiato da Renzi. I
capi del Pd ritengono che le bordate anti-banche condivise con i seguaci
di Beppe Grillo porteranno una messe di voti. E forse faranno
dimenticare il resto. Intanto, la Sicilia va rimossa per zittire in
anticipo gli avversari: senza aspettare il risultato di domani.