Corriere 4.11.17
Dialogo, attenzione, controllo
Come evitare i rischi ai nostri figli
L’uso dei social, la comunicazione e le trappole
«Un genitore non può delegare a nessuno
il compito di aiutare gli adolescenti a sviluppare i giusti anticorpi contro i pericoli»
intervista di Elvira Serra
1 Claudio Mencacci, psichiatra: cosa spinge una quattordicenne a scambiarsi messaggi con uno sconosciuto sui social network?
«I
social garantiscono delle identità come meglio sono desiderate. La
semplicità della comunicazione fa emergere tutte le fantasie
dell’adolescente, che vengono colte e trasformate da chi risponde
dall’altra parte. Questo crea rapidamente un abbassamento delle difese e
anche della valutazione dei rischi».
2 Dal messaggio si passa all’incontro reale. Anche qui, perché?
«L’adolescente
ha trovato sul social conferma da parte dell’adulto. Si sente
riconosciuta e questo la lusinga. Il fatto che lui provi attrazione la
fa sentire desiderata, le ha tolto la paura di non essere all’altezza».
3 Non subentra la paura per un incontro di persona?
«No,
perché quello che transita sui social network, e lo vediamo anche nella
facilità con cui si condividono selfie con segmenti del proprio fisico,
è un corpo depauperato della sua emotività. La sessualità è separata
dalla relazione».
4 Un tempo ci si scriveva a lungo. Ora i «preliminari» della conoscenza a distanza sono rapidissimi.
«L’intensità
degli scambi sui social è altissima, questo aumenta l’impulsività e
riduce sensibilmente l’analisi delle conseguenze. Nell’eccesso di realtà
offerto dalle piazze virtuali si perde del tutto il principio di
responsabilità: si pensa di poter scrivere e cancellare una parola. Ma
nel mondo vero non sempre si può tornare indietro ».
5 Un genitore cosa può fare? Come deve vigilare?
«Vigilare
è fondamentale. Qui subentra la responsabilità dei padri e delle madri.
Hanno anzitutto il compito di spiegare ai figli quali rischi corrono.
Le modalità con cui esercitare il controllo possono essere diverse: se
si riesce a mantenere un dialogo aperto, il genitore può essere per
esempio amico dei figli su Facebook, osservandone il comportamento sui
social. Allo stesso modo con cui chiede a pieno diritto di conoscerne
gli amici».
6 Questo non può far chiudere a riccio un figlio?
«È
importante comprendere la necessità adolescenziale di mantenere i
propri spazi. Ma un genitore non può delegare a nessun altro il compito
di aiutare un figlio a sviluppare i giusti anticorpi verso i rischi
della vita. Se la strada del dialogo e della comprensione trova porte
sbarrate, è legittimo controllare di nascosto».
7 In caso di rischio reale che cosa bisogna fare?
«Il
genitore deve imparare a segnalare alla polizia postale situazioni che
costituiscano veri e propri adescamenti di minori. Oggi assistiamo a una
riedizione della vecchia favola di Cappuccetto rosso: i lupi non sono
più nascosti dietro gli alberi, ma dietro allo schermo di un computer.
Spesso hanno anche venti o trent’anni più delle loro giovani vittime,
per le quali aver sollecitato l’attenzione di un uomo tanto più grande è
gratificante».
8 Perché un genitore non riesce a capire più se un figlio sta correndo un rischio così grande?
«Il
tipo di comunicazione dei più giovani è completamente cambiato e,
soprattutto, non rispetta più i tempi canonici del sonno-veglia: oggi
avviene nell’arco delle ventiquattro ore, soprattutto la notte prima di
addormentarsi e la mattina prima di uscire dalla stanza. Un genitore è
tagliato fuori».
9 Come si esce da un’esperienza così drammatica come quella delle due adolescenti romane?
«Un’esperienza
così lascia un segno profondo nell’affettività e nell’emotività.
L’augurio è che le due ragazzine possano riconciliare sessualità,
affettività e relazioni, perché quello che hanno sperimentato è
l’esempio piu distante possibile. Data la loro età, può essere molto
efficace, in termini di rapidità della risposta, la tecnica dell’Emdr
associata a una terapia cognitiva».