venerdì 24 novembre 2017

Corriere 24.11.17
Il colloquio Erik Prince
«Un solo piano per la Libia Va privatizzata la guerra»
È il «signore dei contractor» Usa. «Voi spendete troppo per i migranti»
Crede che alla fine Trump lo ascolterà
dalla nostra inviata a Reston (Virginia) Viviana Mazza

«Vuole parlare di Afghanistan o di migranti?», chiede Erik Prince ingoiando deviled eggs (uova indiavolate) in un ristorante di Reston, periferia residenziale di Washington. Il 48enne Prince è il carismatico e controverso fondatore di Blackwater, agenzia di contractor che dal 1997 al 2010 ha ricevuto due miliardi di dollari dalle amministrazioni Usa per la sicurezza in Iraq, Afghanistan e altrove. L’ex Navy Seal si ispirò al lavoro del padre, industriale dell’auto: «Sono stato il primo a integrare su scala industriale il processo di reclutare, equipaggiare, addestrare e schierare soldati privati». Nel 2007 i suoi dipendenti uccisero 17 civili a Bagdad: uno dei momenti più bui in quella guerra, una macchia nella reputazione dell’America. Ma Prince non mostra rimorso. «Avete visto cosa è successo appena sono uscito dal dipartimento di Stato: un nostro ambasciatore ucciso in Libia, una cosa simile non succedeva da 40 anni».
Prince è uno che cade sempre in piedi. Venduta Blackwater nel 2010, ha fondato un’altra agenzia, Frontier, e si è trasferito negli Emirati come consulente per la sicurezza. Ora ha un piano per la Libia: mandare i contractor a bloccare i migranti «a una frazione di quello che l’Europa spende per intercettarli nel Mediterraneo. È la soluzione alla crisi dei rifugiati che sta minacciando la stessa Ue», ha promesso in un editoriale sul Financial Times . «Il traffico di esseri umani dal Sudan, dal Ciad, dal Niger è un processo industriale — ci dice —. Per fermarlo, devi creare una polizia libica di frontiera lungo il confine meridionale. Gheddafi adorava le piste di atterraggio, ce ne sono dappertutto laggiù: basta costruirvi tre basi di polizia e mandare 250 addestratori stranieri in ciascuna al fianco dei libici, proprio come Blackwater fece con la polizia di frontiera afghana. Forniranno leadership, intelligence, supporto per le comunicazioni, aerei di sorveglianza, un paio di elicotteri: i trafficanti devono guidare per vaste distanze, quindi è semplice individuare i loro camion carichi di migranti, intercettarli, arrestare l’autista». Prince cavalca le polemiche sul trattamento dei migranti, ridotti in schiavitù. «Noi li porteremmo in campi profughi nelle basi, riceveranno cibo e assistenza medica e saranno rimpatriati senza mai arrivare alla costa. Immagino che l’Europa voglia bloccare il flusso di migranti nel modo più umano e professionale possibile. Non penso che pagare milizie sia una soluzione nel lungo periodo».
Per ora i suoi piani hanno trovato forte resistenza, anche in America, nonostante Prince sia stato un generoso sostenitore dell’elezione di Trump (non è l’unico in famiglia: sua sorella, Betsy DeVos, è ministra dell’Istruzione). Aveva proposto di privatizzare la guerra in Afghanistan, inviando 5.500 contractor come «mentori» al fianco della polizia locale. «Ho scritto un editoriale sul Wall Street Journal sperando che una sola persona lo leggesse, e ha funzionato», ride. «Il presidente ha cerchiato l’articolo e l’ha mostrato al suo Consigliere per la sicurezza nazionale. Ma McMaster è un generale molto convenzionale. Il suo predecessore, Michael Flynn adorava il mio piano, e anche Steve Bannon era un sostenitore…». Ma il Pentagono si è opposto e, ad agosto, Trump ha annunciato l’invio di 3.000 rinforzi regolari. «Non servirà a niente — insiste Prince — l’approccio è sempre quello degli ultimi 16 anni, i soldati vanno per periodi di 6-9 mesi, e la conoscenza che sviluppano va perduta. La Casa Bianca tornerà da me entro sei mesi o un anno: è inevitabile».
Prince giura d’essere «solo» un esperto militare. «Non un lobbista o uno che fa politica». Il Washington Post ha scritto che a gennaio è stato alle Seychelles come inviato informale di Trump, per stabilire contatti con i russi: avrebbe incontrato un confidente di Putin con l’aiuto degli Emirati. Lui nega: «Ero là per affari con gli emiratini. Sì, ho incontrato un russo: abbiamo preso una birra ma niente a che fare con Trump». Ora gira voce che, appoggiato da Bannon, si candiderà alle primarie repubblicane per il Senato in Wyoming. Un principe dei mercenari nella guerra all’establishment.