Corriere 2.11.17
Lo scenario simbolico di un terrorismo che respinge la sconfitta
di Donatella Di Cesare
Il
terrore planetario colpisce ancora; ma questa volta lo scenario ha un
alto valore simbolico. Le vittime innocenti sono cadute sul selciato di
una pista ciclabile a soli tre blocchi da Ground Zero. Di nuovo
Manhattan, dunque, e tutto ciò che rievoca: l’11 settembre, l’esordio
del terrorismo mediatico, l’inizio di una convulsa era di distruzione.
Non
è possibile dire fino a che punto Sayfullo Saipov, il terrorista
uzbeco, abbia scelto intenzionalmente il luogo. Certo è che in questo
attacco la citazione storica assume un significato inquietante. Perché
dopo la sconfitta territoriale dell’Isis è un richiamo esplicito al
crollo altrettanto simbolico delle Twin Towers, quando il terrore,
sfidando l’America, mostrò di poter tenere in ostaggio il mondo intero.
Quando ancora le macerie bruciavano insieme ai resti di 2749 esseri
umani, polverizzati nelle torri, Bin Laden esultò e lanciò il suo
appello al jihad. Ma Al-Qaida sembrò presto sconfitta. Lo sceicco del
terrore fu ucciso il 2 maggio 2011. Eppure il suo fantasma, che dietro
le quinte non ha mai smesso di turbare l’Occidente, rispunta oggi
prepotentemente.
Debellata la rete di Al-Qaida, il terrorismo si è
diffuso con nomi nuovi e in forme persino più virulente — fino
all’Isis. È noto che, proclamando lo «Stato Islamico» il jihadismo ha
tentato, almeno in parte, di territorializzarsi. Bin Laden aveva invece
un’altra strategia: scatenare un terrore seminomade sulla superficie del
pianeta.
L’attentato di Manhattan, oltre al rinvio emblematico,
contiene una minaccia: «riprendiamo dall’inizio e con la strategia
qaidista», prescindendo da un ancoraggio statuale e territoriale. Il
messaggio lasciato da Saipov è infatti: «l’Isis durerà per sempre» ».
Così questi luogotenenti dell’apocalisse promettono di moltiplicarsi con
un rudimentale arruolamento, seguendo il modello escogitato da Bin
Laden e adesso potenziato dalla jihadosfera virtuale.