lunedì 13 novembre 2017

Corriere 13.11.17
Pisapia: unire. Ma Boldrini: non col Pd
Assemblea di Campo progressista, l’ex sindaco ai dem: no a un’altra Sicilia
La presidente della Camera (applaudita) indica l’agenda. E Mdp approva
M. Gu.

ROMA Doveva essere il giorno della verità, per Campo progressista. Ma ieri, dopo mesi di riflessione per «tradurre l’utopia in progetto», Giuliano Pisapia si è limitato a ribadire le sue parole d’ordine. La novità è che la formula di un «nuovo centrosinistra per battere le destre populiste» comincia a stare stretta al popolo di Pisapia, che guarda al cantiere di una lista unitaria guidata da Pietro Grasso.
L’auditorium Antoniano è pieno per metà, 300 persone e, in prima fila, Laura Boldrini. Il saluto con il padrone di casa è affettuoso, assai più del congedo. Parte Pisapia e ancora una volta si appella al Pd: «L’idea di una autosufficienza rischia di essere un suicidio. Non possiamo regalare il Paese alle destre e ai populisti». L’avvocato si dipinge come «l’ultimo giapponese» e promette una strenua «resistenza» in nome dell’«unità e della discontinuità». Rilancia il suo mantra contro «la ridotta minoritaria» di Bersani e avverte Renzi: «Noi non vogliamo un’altra Sicilia». Quel che Pisapia non dice, lo afferma dal palco la presidente della Camera, che trascina l’assemblea di «Diversa» con un discorso da leader. Alla fine scattano tutti in piedi e i giornalisti registrano qualche attimo di gelo con Pisapia, spiazzato per l’accoglienza che la sua gente ha riservato alla terza carica dello Stato. L’obiettivo di un nuovo centrosinistra è lo stesso, ma l’inquilina di Montecitorio mette subito in chiaro il suo «no a un’alleanza purchessia», no a un accordo con il Pd nei collegi che non corrisponda a un patto sul programma, in netta discontinuità con il renzismo: «Dobbiamo cambiare radicalmente le politiche che hanno peggiorato la vita delle persone».
La critica al Jobs act è severa, Boldrini boccia i «nuovi lavoretti con cui non si organizza una vita» e invita a voltare pagina. «Basta con i bonus, basta con gli sgravi a tempo», no alla flat tax e sì allo ius soli. Ovazione. Tocca al giovane Marco Furfaro scandire il motto che molti si aspettavano da Pisapia: «Non ci sono le condizioni per un’alleanza col Pd. Non siamo la stampella di un leader ammaccato». Parlano Cuperlo e Damiano per la minoranza del Pd, Zedda per i pisapiani-renziani, Santagata per il mondo prodiano. Tabacci incassa le lodi di Pisapia a quel «centro più a sinistra della sinistra». Ecco Lerner, Monaco, Ferrara... Roberto Speranza sottoscrive «l’agenda straordinaria di Laura Boldrini» e contesta che l’unità sia la formula magica per vincere: «Unire senza cambiare politiche è una presa in giro». Le divergenze sono evidenti, eppure negli accenti di Boldrini, Pisapia e Speranza, Franceschini ha colto «segnali positivi di una volontà di ricomporre il centrosinistra».