Corriere 12.10.17
La denuncia
L’ex chierichetto accusa: molestato in Vaticano
di Gian Antonio Stella
«Quante
volte hanno abusato di te?» «Mah… Ho perso il conto, negli anni. Non è
che sia successo una volta o due o tre o dieci. È successo un numero
grandissimo di volte». Tirato in ballo dalle ultime rivelazioni, l’ex
«chierichetto del Papa» Marco (nome di fantasia) ha deciso d’uscire allo
scoperto. E raccontare la sua storia.
L’ha fatto con le «Iene».
Che manderanno in onda il servizio, firmato da Gaetano Pecoraro e
Riccardo Spagnoli, questa sera. Una confessione sofferta. Qua e là
sull’orlo delle lacrime. E marcata da dettagli destinati per la loro
crudezza a incendiare la polemica. «Tutte falsità. Calunnie», ribatte
secco agli inviati del programma l’ex rettore del preseminario,
monsignor Enrico Radice, «Voi inventate tutto! Inventate tutto!».
Che
la storia vada presa con le pinze è fuori discussione. Troppo facile
maramaldeggiare su temi come questi dopo anni di dibattiti, polemiche,
risse, condanne e risarcimenti nella scia dell’inchiesta avviata dal
quotidiano The Boston Globe e raccontata nel film «Il Caso Spotlight» di
Tom McCarthy, vincitore nel 2016 di due Oscar. I fatti, per ora, sono
questi: da una parte ci sono due ex allievi che, prima nel libro
«Peccato originale» di Gianluigi Nuzzi e ora alle Iene, raccontano una
catena di molestie sessuali nel preseminario San Pio X, dall’altra varie
autorità ecclesiastiche che negano con indignazione che quelle molestie
(«quando mai!») siano accadute.
Una spina nei fianchi per papa
Francesco. L’ennesima per un pontefice che più volte si è espresso sul t
ema in modo chiaro e netto. L’ultima poche settimane fa, alla
Pontificia Commissione per la Tutela dei minori. Dove prima ha ammesso
che spesso «la Chiesa è arrivata tardi» e che «forse l’antica pratica di
spostare la gente ha addormentato un po’ le coscienze». Poi ha promesso
tolleranza zero: «Chi viene condannato per abusi sessuali sui minori
può rivolgersi al Papa per avere la grazia, ma io mai ho firmato una di
queste e mai la firmerò». Punto. «Se ci sono le prove la pena è
definitiva. La pedofilia è una malattia. Oggi si pente, va avanti, lo
perdoniamo, ma dopo due anni ricade». In questo contesto, le
ricostruzioni sul gay party con la cocaina interrotto dai gendarmi
vaticani, la scabrosa intercettazione tra un prelato e un giovane
seminarista birmano o le molestie denunciate intorno ai chierichetti del
«San Pio X» sono state le ultime stille di uno sgocciolio di
rivelazioni ustionanti. L’ultima, soprattutto.
Kamil Tadeusz
Jarzembowski, l’ex chierichetto polacco che per primo, pare, sollevò il
tema raccontando delle molestie in una lettera al suo padre spirituale
(«sapevo che era obbligato a tenere il segreto») ha deciso di metterci
la faccia fino in fondo. E di ripetere le accuse, lanciate nel libro di
Nuzzi, davanti alle videocamere. «Ho visto il mio compagno di stanza
abusato da un altro seminarista che in quel momento era già entrato
dentro il percorso specifico che lo portava verso il sacerdozio», ha
spiegato a Pecoraro.
Anche quel molestatore, se è vero il
racconto, era poco più che un ragazzo. Aveva però, denuncia Kamil alla
«iena» che lo intervista, «una posizione di potere all’interno del
seminario e anche della basilica di San Pietro». Insomma, «non era un
normale seminarista perché godeva della massima fiducia del rettore. Era
lui che sceglieva cosa facevo io, cosa faceva il mio amico e così via».
Per capirci, piccoli compiti rituali che avevano però per i
chierichetti una estrema importanza: versare l’acqua sulle dita di un
celebrante qualunque o d’un cardinale significava una punizione o un
premio. E questo dava a quella specie di tutore, nel piccolo mondo dei
ragazzini in cotta, un potere vero. Che poteva sfociare, racconta, nel
bullismo.
Accanto a Kamil, che già si era esposto con le sue
lettere alle gerarchie e che rilancia ora con parole che solo un video
può rendere appieno, si aggiunge ora come dicevamo «Marco», il compagno
di stanza vittima delle molestie. Il quale, protetto dalle «Iene» con
accorgimenti tecnici che ne alterano il viso e la voce, ricorda di aver
vissuto un trauma che lo ha segnato.
Era entrato tra «i
chierichetti del Papa», racconta, inseguendo un sogno: «Era tutto molto
bello… molto nobile… sembrava una favola». Finché non era finito nelle
mire di quel seminarista di poco più anziano: «Durante la notte, quando
non c’era più nessun superiore nei corridoi, entrava nella camera, si
infilava nel letto, cominciava a toccare le parti intime…». «Quanti anni
avevi la prima volta?», chiede Pecoraro. «Tredici». «Avevi mai avuto
prima a che fare con il sesso?». «No, è stato il mio primo approccio.
Neanche capivo esattamente cosa stesse succedendo. Non avevo coscienza
piena di quegli atti…».
Un giorno, racconta in un passaggio
incandescente, accadde perfino «dietro l’altare maggiore della Basilica
di San Pietro» dove «c’è un corridoio e un piccolo bagno…». Possibile? E
lui non si ribellava? «Era come una paralisi. Come se fossi
pietrificato. Non riesci a muoverti. Ti senti in colpa. Ti senti
responsabile. Pensi che avresti potuto allontanarlo, parlarne. Ma non ce
la fai. Non ci riesci e ti senti in colpa…».
Dice che il padre
spirituale sì, lui solo, gli chiese se era vero quanto diceva Kamil. «E
tu cosa gli hai detto?». «Ho confermato». «E poi cos’è successo?». «E
poi mi ha chiesto, come aveva chiesto a Kamil, se poteva informare i
suoi superiori». «E voi?». «Noi abbiamo acconsentito». «E poi?». «Non ci
son stati provvedimenti».
Vero? Falso? Lo dirà la magistratura,
se dovesse decidere d’intervenire. Ma certo, se il presunto autore degli
abusi diventato nel frattempo prete (scovato dalle «Iene» e lui pure
oscurato per la privacy) sceglie di non dire una parola e così il padre
spirituale che ricevette la prima denuncia e fu poi trasferito a
seicento chilometri di distanza, è durissima come dicevamo la reazione
di monsignor Radice, il superiore che comunicò a Kamil l’esclusione dal
preseminario: «Tutte falsità. Se le hanno verificate più di cento
vescovi e il Papa in persona e han ritenuto che siano solo calunnie vuol
dire che la cosa è caduta». «Scusi, monsignore, lei ha cacciato un
ragazzo…». «Non l’ho cacciato…». «Lei si è presentato al ragazzo una
mattina…». «Voi inventate tutto. Calunnie». «Ma gli abusi sessuali…».
«Non è vero. Le inventate voi queste cose qua».
Non bastassero le
nuove accuse, Gianluigi Nuzzi ieri mattina ha lanciato un tweet che
aggiunge mistero a mistero. Dove dice che, per quanto gli risulta, papa
Francesco avrebbe incontrato un terzo testimone… C’è da scommettere
però, a questo punto, che le rivelazioni non siano destinate a finire
qui.