Corriere 12,11.17
L’intervista Giuliano Pisapia
«Ora il leader pd faccia uno sforzo di umiltà. E Grasso stia con noi»
di Maurizio Giannattasio
L’ex sindaco: Mdp? Io non mi rassegno alla sconfitta
Milano
Avvocato Pisapia, lei oggi aprirà una manifestazione che si chiama
«Diversa». Diversa dal Pd di Renzi? È chiuso ogni dialogo con Renzi al
comando?
«Diversa da un Pd che crede di bastare a se stesso, che
approva una legge elettorale che immagina le coalizioni e poi sparge il
sale sulle ferite, che sbatte di qua e di là come un gattino cieco e che
ancora non si capisce se voglia davvero costruire il ponte oppure
voglia minarlo definitivamente. Ma voglio sempre ricordare una cosa: il
Pd è un popolo, non è solo una persona. Il Paese ha bisogno di un
governo riformista che lo accompagni con equità e giustizia sociale
fuori dalla crisi e per fare questo ci vuole uno sforzo, anche umile, di
dialogo ammettendo che si sono fatti degli sbagli e che ci sono cose da
cambiare. Se tutto fosse stato perfetto la sinistra e il Pd non
avrebbero perso quasi tutte le elezioni degli ultimi anni».
Diversa anche da Mdp di Bersani-D’Alema?
«All’iniziativa
di oggi abbiamo anche invitato Roberto Speranza. Lo ascolterò con molto
interesse. Certo, diversa da chi si è rassegnato alla sconfitta. Che
non sarebbe solo una sconfitta elettorale ma una disfatta politica che
peserebbe per chissà quanti anni».
Come valuta il ruolo del
presidente del Senato, Pietro Grasso? È conciliabile con il suo
progetto? Vi presenterete insieme unendo la cosa rossa con il mondo che
lei sta raggruppando?
«Tutte le persone che condividono il quadro
di valori di un centrosinistra radicalmente innovativo c’entrano con il
nostro progetto. Ci sono stati molti ostacoli, gli scenari sono mutati
più veloci del cielo quando c’è il temporale, ma se non si trova il modo
di mettere insieme tutti quelli che nella nostra storia sono stati
dalla stessa parte siamo destinati a finire fuori dal campo di gioco. E
questo vorrà dire che le partite importanti le giocheranno gli altri.
Dunque, sì, spero che il presidente Grasso, che conosco da tempo e
stimo, e tanti altri siano parte dello stesso progetto. Oggi ascolteremo
tutte le varie persone che rappresentano tanti mondi diversi. Sarà
importante comprendere in quale direzione vanno».
Oggi ci saranno
Cuperlo e Damiano del Pd e Speranza di Articolo 1, c’è ancora una
possibilità di tenere insieme il centrosinistra?
«Se Cuperlo,
Damiano, Speranza hanno accettato di essere con noi all’iniziativa,
spero che significhi che anche loro si batteranno fino all’ultimo
minuto. Abbiamo invitato personalità con storie e collocazioni politiche
che oggi sono diverse offrendo una occasione di discussione. In comune
queste persone hanno ancora la voglia di non rassegnarsi. Una sconfitta
annunciata non è un grande obiettivo».
Prodi dice che il tempo è
scaduto, Parisi ha parlato di «funerale». I «grandi vecchi» dell’Ulivo
dovrebbero invece tornare a impegnarsi?
«Non è mio costume dire
agli altri quello che devono fare, tantomeno mi permetterei di farlo con
personalità che hanno già dato tanto al Paese. Il governo dell’Ulivo,
al quale ho votato la fiducia, è stato probabilmente il migliore della
storia recente. Ma se il fuoco sta per mandare in fumo la casa, è
necessario che ognuno porti l’acqua col suo secchio… Ritirarsi perché
scoraggiati, o perché arrabbiati, significa solo certificare che non c’è
alternativa alla distruzione. Forse è una scelta saggia, ma quando si
cammina sull’orlo del baratro ci sono sempre due possibilità: di caderci
dentro o di salvarsi. E a volte la follia riesce a vincere sulla
saggezza. Penso che dovremmo essere tutti l’ultimo dei giapponesi. Mi
piacerebbe un impegno diretto di Prodi, Letta, Veltroni e altri. In
parte tocca a loro ma d’altra parte qualche volta è stata data
l’impressione che si preferisse che non si intromettessero e questo è
stato un grave errore».
Un programma comune, magari di pochi punti, potrebbe essere l’ultima possibilità di stare assieme?
«Questo
è il vero nodo. Una condivisione del programma è fondamentale: 10
proposte per l’Italia. Guardando a costruire il nuovo, che può essere un
modo per correggere e cambiare, non a demolire il vecchio. Cinque
subito e cinque nell’arco di una legislatura. Altrimenti le proposte per
l’Italia le realizzeranno Salvini o Di Maio».
Se ogni sforzo di
riconciliazione sarà alla fine vano, Campo progressista, insieme ai
Radicali, ai Verdi, al mondo civico, si presenterà alle elezioni di
marzo?
«Oggi con noi ci saranno il segretario dei Radicali, la
presidente di Legambiente, sindaci importanti, la presidente della
Camera Laura Boldrini che sta facendo un lavoro rilevante contro le
discriminazioni. E ci sarà anche chi si è impegnato nelle “Officine
delle idee”, un mondo di persone che con questo strumento si sono
avvicinate alla politica. Esprimono una volontà di partecipare che credo
non possa essere disattesa».
Per lei sono stati mesi non facili.
Polemiche anche con amici come Vendola. Una professione non le manca, è
uno dei più importanti avvocati italiani, ha mai pensato chi me lo ha
fatto fare?
«In effetti mi hanno detto un po’ di tutto… Ho
incassato con molta pazienza perché quello che mi interessa non è il mio
destino personale, è il destino del Paese. Vede, l’esperienza di
Milano, e di tanti altri comuni e regioni in cui ha vinto il
centrosinistra, è stata la prova di due cose fondamentali: che uniti, si
può battere il centrodestra e che, con competenza e ragionevolezza,
governando si possono cambiare le cose. Alcuni momenti non sono stati
facili e alcuni attacchi ingenerosi. Se avessi voluto dei “posti” avrei
fatto altre scelte quando ho rifiutato ad esempio due volte di fare il
ministro e anche più recentemente quando mi sono state fatte delle
proposte di ruoli istituzionali… La verità è che ho sempre pensato che
ne valesse la pena, nel 2010 mi sono candidato a Milano perché non
volevo rassegnarmi ad un’altra vittoria della destra. Questa volta non
mi rassegno ad una sconfitta che talvolta sembra assomigliare a un
suicidio».