Repubblica 8.10.17
Da Walter Rossi alla strage di Primavalle famiglie divise sulla strada del perdono
di Concetto Vecchio
IL CASO / PADRI E FIGLI CONTRO. PERCHÉ SEMBRA NON FINIRE MAI LA STAGIONE DEL TERRORISMO
ROMA.
«Mia madre è morta senza che ci parlassimo più». Quasi dieci anni fa
Giampaolo Mattei, che perse due fratelli nel rogo di Primavalle a Roma
nel’73 – uno dei delitti più atroci della violenza politica in Italia –
abbracciò su un palco all’Eur Carla Verbano, la mamma di Valerio, il
militante di Autonomia operaia ucciso nel febbraio dell’80 dai fascisti a
Montesacro: un delitto altrettanto feroce. Tre uomini col volto coperto
suonarono a casa dei genitori, si fecero aprire con una scusa, legarono
e imbavagliarono la coppia nel letto matrimoniale e aspettarono
l’arrivo del giovane militante di estrema sinistra, che fu ucciso sul
divano, a 18 anni. Un omicidio senza giustizia. Quella pubblica
riconciliazione ruppe un tabù: appartenevano a due mondi inconciliabili,
Mattei e Verbano. Giampaolo Mattei era il figlio del segretario di
sezione del Msi Mario, i cui i fratelli Virgilio (22 anni) e Stefano (8
anni) morirono carbonizzati dopo un attentato di alcuni membri della
formazione di estrema sinistra Potere operaio, Achille Lollo, Manlio
Grillo e Marino Clavo, che appiccarono il fuoco sull’uscio di casa per
puro odio politico. Erano soprattutto due vittime, Giampaolo e Carla,
che l’allora sindaco di Roma Walter Veltroni riuscì a fare incontrare:
perché, come disse Carla, «i morti non hanno colore ».
Ora grazie
al nuovo libro di Luca Telese Cuori contro, il sequel di Cuori neri,
(Sperling&Kupfer), scopriamo cosa accadde dopo quell’abbraccio:
Mattei venne abbandonato dal suo mondo, («tu parli troppo con i
comunisti», gli disse un missino storico come Gramazio durante un
incontro alla Fondazione Almirante), perse la stima di amici storici
come Graziano Cecchini, che lo aveva protetto negli anni dopo la
tragedia, e persino la famiglia gli voltò le spalle. «Mia madre è morta
senza che potessimo chiarirci », dice Mattei a Telese. «Quella rottura
non era solo personale, ed era accompagnata da un dubbio più profondo.
Come era possibile che molti di quei ragazzi, degli angeli custodi della
mia infanzia – pensa a Guido Zappavigna o Dario Pedretti – fossero
diventati dei terroristi dei Nar? E se io mi ritenevo, ed ero, vittima,
quando incontravo una vittima dei Nar come mi dovevo considerare?».
Nel
2005 anche Carla aveva rifiutato un confronto televisivo con Maria
Lidia, la madre di Mario Zicchieri, il militante del Fronte della
Gioventù ucciso a Roma nel ’75: un faccia a faccia delle Iene. Disse
prima di sì, poi ci ripensò, «perché so che Valerio non avrebbe voluto».
Alla fine l’intervista la fece Danila Tinelli, la madre di Fausto,
ucciso nel 1978 a Milano con Iaio Iannucci dai fascisti: anche questi
due delitti sono senza colpevoli.
La frattura con i propri cari è
insanabile. Dice Mattei: «L’idea che non fossi più soltanto un custode
del sacrario di famiglia ha scavato un fossato tra me e una parte della
famiglia, tra me e mia madre. Sono cose che passano nell’aria, come i
virus».
C’è un precedente: anche dentro la famiglia di Walter
Rossi - ucciso a 20 anni dai Nar nel ’77 nel quartiere Balduina a Roma -
ci fu a un certo punto un dissidio, dopo che il padre del ragazzo,
Franco, aveva iniziato un dialogo con la giunta Alemanno. «Sputa sulla
sua memoria», lo liquidò pubblicamente, nel 2011, il fratello di Walter,
Gianluca.
Il rapporto tra Mattei e Verbano s’intensifica. Si
vedono a Montesacro, nella casa di lei, in via Monte Bianco, trasformato
in un mausoleo in onore di Valerio. «Vedi Giampaolo – dice un giorno
Carla – io non odio i fascisti, io odio con tutte le mie forze i
fascisti che hanno ammazzato mio figlio». «Se ci pensi – risponde
Giampaolo - avrei potuto dire esattamente lo stesso, all’opposto».
Quindi nasce tra le due vittime – il fascista che ha perso i fratelli e
la comunista che ha perso il figlio – una comunanza profonda:
quell’abbraccio sul palco ha fatto il miracolo. Al punto che a un certo
punto Carla invita Giampaolo alla veglia per Valerio. «Mi facevo molte
domande: aveva senso? Ci avrebbero preso per pazzi?».
Poi Carla
muore prima, nel giugno 2012, a 88 anni. «E io – dice Giampaolo – non
sono potuto andare né alla veglia, né al funerale. Ma questa ultima
scelta per me è stata dolorosa. Era come se dopo essere stati persone
tornassimo a essere personaggi. E io non volevo accettarlo. A un certo
punto mi sono vestito, sono uscito, e mi sono detto: Vado. Vado per lei.
Ma era un rischio che non potevo correre. Non quello di non essere
ancora una volta non capito. Così mi sono fermato, sono tornato indietro
e sono rimasto in macchina, appoggiato al volante. Solo».