Repubblica 6.10.17
Già pronto il piano B dei demoprogressisti: “Sinistra” nel simbolo
L’ultimatum di Bersani “Subito il nuovo partito o è meglio dividerci”
TOMMASO CIRIACO
ROMA.
«Giuliano,
così non si può andare avanti. O remiamo nella stessa direzione, oppure
per il bene di tutti è meglio dividere il nostro cammino. Ed è meglio
farlo adesso». L’ultimatum di Pierluigi Bersani a Giuliano Pisapia parte
da Ravenna. Occhi negli occhi, prima di salire sul palco per
un’intervista a Ravenna. Dopo giorni di scontro furibondo a mezzo
stampa. «Dobbiamo annunciare la data dell’assemblea fondativa entro una
settimana», insiste l’ex segretario dem. «E dobbiamo chiudere con
chiarezza a Renzi ». L’avvocato ascolta, ma alla fine non cambia strada.
Non esclude un passo di lato. E ribadisce: «Gli avversari sono i
populisti. E noi non possiamo rinchiuderci, né fare il partitino del
3%». Un fossato che non si colma. Non a caso, Bersani e D’Alema hanno
già pronto il piano B: un nuovo simbolo e un nuovo brand, “Sinistra”.
Per far capire al mondo che il progetto ulivista è ormai alle spalle e
capitalizzare la battaglia senza quartiere al Pd. Con buona pace di
Campo progressista.
Di fronte alla platea dei “compagni”
romagnoli, il clima inizialmente è disteso. Bersani e Pisapia, d’altra
parte, sono amici. Ma la sostanza non cambia. La parte del poliziotto
cattivo tocca a Vasco Errani. Difende D’Alema, smonta i sogni di un
“nuovo Ulivo” e chiede radicalità contro il renzismo. È una mossa
concordata con Bersani, dopo una triangolazione con Massimo D’Alema e
Roberto Speranza. E prevede un timing brusco, che proprio Speranza mette
in chiaro: «Ora basta - confida a un collega alla Camera - in questo
limbo ci facciamo tutti del male. Se il progetto comune si può fare,
bene. Altrimenti ognuno per la sua strada, senza rancore».
Errani
“provoca”, Pisapia schiva. Non regala la data dell’assemblea fondativa,
né promesse su una battaglia senza quartiere al Pd che l’ex sindaco non
vuole regalare a Lega e Cinquestelle. I rapporti restano complicati, a
dire poco. «Non c’è più tempo da perdere – si preoccupa Guglielmo
Epifani – se serve un giorno in più va bene, ma siamo già in ritardo ».
Tutto è appeso a un filo. E molto dipenderà dall’atteggiamento di Matteo
Renzi. Proprio oggi, il leader dem riunirà la direzione e batterà su un
punto caro all’ex sindaco: «Il Pd è l’unico ostacolo che divide i
populisti dal governo». Per il segretario, però, la battaglia di
sinistra è una «questione di sigle che non interessa ai cittadini». Ma
l’unità, quella con Pisapia naturalmente, resta una strada quantomeno da
sondare.
Sia chiaro, Renzi non è convinto che il leader di Campo
progressista sia pronto a rompere per davvero con gli scissionisti ex
dem. Sa che il progetto dell’ex sindaco nasce anzi per spingere di lato
anche la sua leadership. I suoi, però, puntano sui vantaggi di
un’eventuale intesa: «Dobbiamo dialogare con Giuliano - gli ricordava
l’altro ieri Lorenzo Guerini - perché senza di lui Mdp diventa solo una
ridotta dei rancori... ». “Dalemizzare” la sinistra, insomma, per
allargare il consenso del centrosinistra.
Molto dipenderà dalla
legge elettorale. Il Rosatellum può davvero favorire l’unità tra i dem e
Campo progressista, eppure non convince Pisapia. Gianni Cuperlo si è
mosso per allettarlo con un meccanismo capace di garantire il voto
disgiunto, ma il veto di Forza Italia ha frenato (almeno per il momento)
l’operazione. «Però Giuliano - è stato il consiglio di Bruno Tabacci -
dobbiamo migliorare la riforma, ma farla approvare ».
È l’opinione
che va per la maggiore anche nel Pd non renziano. «Sulla legge
elettorale è giusto assecondare Renzi», è la linea di Andrea Orlando. E
di Dario Franceschini, faccia a faccia con Tabacci: «Facciamo il
Rosatellum, poi vedrete che l’unità sarà inevitabile ». Quelli di Mdp
diranno di no eccome, perché hanno in tasca proiezioni devastanti: con
il 3% e senza un’intesa con il Pd che “copra” anche la quota
uninominale, raccoglierebbero 14 miseri seggi. Altro discorso se il Pd e
Campo progressista si ritrovassero uniti nei collegi. Forse è per
questo che un pisapiano come Michele Ragosta si lascia sfuggire con
Roberto Speranza questa previsione: «Almeno quindici dei nostri
voteranno il Rosatellum».
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