Repubblica 5.10.17
Pisapia.
L’ex sindaco furioso per la rottura di Mdp con il governo di Gentiloni: non mi hanno informato
“Per vincere serve chi unisce se Massimo si ritira fa bene al Paese”
di Goffredo De Marchis
ROMA.
«C’è poco da chiarire: tra chi si assume la responsabilità di creare
una maggioranza in grado di battere i 5stelle e la destra bisogna
cercare le candidature più unitarie possibili. Se qualcuno, forse suo
malgrado, magari contro la sua volontà, divide e non unisce deve fare un
passo indietro. È il caso di D’Alema». Giuliano Pisapia, dopo il
colloquio con la trasmissione Circo Massimo su Radio Capital, ha
intenzione di smentire la leggenda che lo circonda e lo dipinge come
attendista, ambiguo, arrendevole. È furioso per la rottura di Mdp con il
governo Gentiloni. «Hanno condiviso un percorso senza neanche
comunicarmelo. Eppure il tema della manovra economica è così delicato...
Io non sono di Mdp, io sono di Campo progressista. Ma se si decide di
fare la strada insieme sarebbe bene informare i compagni di viaggio,
devi comunicare con chi ti sta vicino». In questo colloquio l’ex sindaco
di Milano ribatte a tutte le critiche che i dirigenti della sinistra
gli muovono a mezza bocca. Ma alla fine sempre lì si torna: a Massimo
D’Alema. «Il suo passo indietro sarebbe un bene per la sinistra e per il
Paese. E si dimentica sempre di dire che io parlo anche di me. Sarei il
primo a farmi da parte se non ci fossero le condizioni per unire».
Dicono
i compagni di viaggio: Pisapia si occupa troppo di formule -
l’allargamento, il centrosinistra, l’ispirazione ulivista - e poco di
andare a prendere i voti. «Io penso solo ai voti - risponde l’ex sindaco
- e le riunioni a porte chiuse sono la parte meno entusiasmante di
questa impresa. La scorsa settimana sono stato a Mantova, Parma e
Napoli. Domani (oggi ndr) vado a Ravenna, il giorno dopo sono a Roma per
le Officine delle idee, poi corro a Brindisi. A me interessano i
dibattiti aperti a tutti, non solo ai propri militanti. Per quello
partecipo anche alle Feste dell’Unità. Dappertutto mi chiedono il
cambiamento e di stare uniti. Sto girando l’Italia, non capisco perché
si voglia dare un’altra impressione ». Gli dicono, sempre i compagni di
viaggio: prendi quello che c’è, non lasciare fuori nessuno, tutti sono
indispensabili per creare una forza e contrastare gli avversari, Renzi
in primis. «Ma quello che c’è non è affatto sufficiente. Lì fuori
ballano 3 milioni e mezzo di voti da recuperare e il problema è andare
prendere quelli che non ci stanno, non quelli che ci sono già. Parliamo
di milioni e milioni, che in questi anni sono andati ai grillini o di
chi non è andato a votare al secondo turno delle amministrative.
Altroché restare chiuso a fare le riunioni e occuparmi di formule».
Di
tattica si occupa qualcun altro, fa notare Pisapia. L’ex sindaco
infatti non ha condiviso i passaggi del voto di Mdp sul Def. Oltre che
averne saputo poco. Lui vorrebbe rimanere attaccato al carro del governo
Gentiloni e della trattativa sulla legge di bilancio. Non è uscito
dalla maggioranza e non si sente le mani libere, come hanno detto ieri
Speranza e D’Alema. «C’è stata un’apertura molto chiara da parte di
Padoan. Tutta da verificare, naturalmente. Ma c’è stata. Se una parte
dei miei compagni di strada non la vuole vedere, è un problema ». E se
proprio vogliamo dirla tutta, non è una bella “formula” quella adottata
ieri dai bersanian- dalemiani: «Mi stupisce che chi è stato al governo e
in maggioranza 4 anni, a pochi mesi dalle elezioni esca così, senza
battere ciglio. Su questo bisognerebbe riflettere». E ora? «Ora io
continuo», risponde Pisapia. Se sarà strappo deve ancora consumarsi del
tutto.