giovedì 5 ottobre 2017

il manifesto 5.10.17
Pd, modifiche per blindare il Rosatellum
Legge elettorale. Da oggi i nodi del nuovo testo sul sistema di voto arrivano in commissione. Forza Italia chiede ritocchi al proporzionale per cercare di fare l'en plein al nord
legge elettorale
di Andrea Fabozzi

Sette emendamenti nei primi due giorni di lavoro sono pochi anche per una commissione affari costituzionali dove non si registrano grandi preoccupazioni per la sorte della riforma elettorale. E così c’è stato bisogno di convocare nuove sedute: una giornata intera oggi e due mattinate venerdì e sabato; il Rosatellum-bis dovrebbe così essere pronto per l’aula martedì prossimo. Laddove cominceranno i veri problemi.
Il Pd naturalmente accusa dei ritardi (come di tutto ormai) gli scissionisti di Mdp, ma se i tempi si sono dilatati la colpa è delle questioni ancora aperte nella maggioranza a quattro che sostiene la riforma. Pd e Forza Italia sembrano intendersi su tutto, ma ci sono le richieste dei centristi di Ap e le resistenze della Lega, nuove mediazioni sono necessarie. In più ci sono i nodi non sciolti dentro lo stesso partito democratico, affrontati ieri sera in una riunione del gruppo, per quanto non siano gli ostacoli politici a preoccupare maggiormente. Tant’è vero che l’invito che il capogruppo Rosato ha rivolto alla minoranza dem di non insistere per l’introduzione del voto disgiunto è stato sostanzialmente accolto. «Forza Italia non ci starebbe», ha spiegato Rosato. Il che è vero, ma è solo un pezzo di verità visto che anche il Pd ha tutto da perdere nel lasciare l’elettore libero di scegliere la sua lista: sarebbe a quel punto impossibile fare campagna per il voto utile. Preoccupa di più l’impossibilità di controllare il gruppo nei (tanti) voti segreti, preoccupazione identica ce l’ha Forza Italia. Ecco perché in queste ore conta di più il lavoro che i renziani più in vista stanno facendo sui singoli deputati, provando a smentire quelle simulazioni (non a caso di provenienza Mdp) dove si dimostra che il Rosatellum-bis è un grande regalo a Berlusconi. Soprattutto al nord, specie se dovesse essere accolta anche un’altra richiesta di Forza Italia, quella di diminuire i collegi proporzionali: da quasi 80 a non più di 65.
Sarebbero collegi enormi (da circa 800mila elettori), dove però il centrodestra potrebbe fare l’en plein. Con il Rosatellum-bis non conta infatti tanto il voto proporzionale, ma il trascinamento del voto dato all’uninominale, con o senza la scelta di una lista. Il problema è che avendo deciso di lasciare i listini bloccati alle dimensioni che furono del Mattarellum, cioè non più di quattro candidati (altrimenti crolla la retorica dei «listini corti»), con collegi così grandi che assegnano anche sei seggi, si rischia che il partito egemone (Forza Italia o la Lega, al nord) finisca per non avere abbastanza candidati da eleggere. A maggior ragione se sarà conservato il sistema delle liste «a perdere», quelle cioè comprese tra l’uno e il tre per cento dei voti che non guadagnano seggi ma riversano voti sugli alleati più grandi. Problema per gli elettori, che perderanno ogni legame tra le loro scelte e i candidati effettivamente eletti, non per i partiti perché i seggi «vuoti» finirebbero comunque a quella lista, ma in un altro collegio.
Tutti gli emendamenti delicati saranno messi in votazione tra oggi pomeriggio e domani. Tra le questioni ancora aperte c’è quella della soglia di sbarramento al 3%, che Ap chiede venga calcolata al senato su base regionale. Come appare costituzionalmente più corretto (art. 57: «Il senato è eletto a base regionale») e come del resto è nel Consultellum attualmente in vigore (con soglie assai più alte). Per gli alfaniani vorrebbe dire la certezza di rientrare a palazzo Madama grazie alla spinta di alcune regioni. Per i berlusconiani significherebbe dover dividere i seggi con qualche micro formazione meridionale, quindi dicono no alla modifica del testo base.
Sopra tutte queste variabili, e nel silenzio di Mattarella, è tornata la suggestione del voto di fiducia sulla legge elettorale. Impossibile secondo Costituzione (articolo 72) e però già utilizzato tre volte nell’ultimo (e non nel primo) passaggio dell’Italicum. Il regolamento della camera non permette però di scansare tutti i voti segreti, come infatti fu per l’Italicum nel passaggio definitivo. Ammesso che il governo voglia smentire la sua «neutralità» sulla legge elettorale, i nodi andrebbero comunque tutti sciolti prima.