Repubblica 5.10.17
Pisapia, colpo a D’Alema “Faccia un passo di lato” E in Senato cinque sinistre
Alta
tensione tra i leader del progetto che sfida il Pd. Il governo supera
la prova Def, senza Mdp e con alleati super divisi. Verdini: noi ci
siamo
Il no di Mdp ha ridotto a 164 i sì alla Nota che ripartisce
le risorse della manovra. In entrambi i voti c’è stato il “rinforzo” di
Ala, il partito dell’ex forzista Verdini
Il cosiddetto
“scostamento”, cioè il rinvio del pareggio di bilancio al 2020, è
passato con 181 sì, venti in più della maggioranza assoluta (161)
richiesta
di Tommaso Ciriaco
ROMA. In un angolo
remoto di Palazzo Madama, il senatore Dario Stefàno è l’immagine
impietosa della sinistra più a sinistra del Pd: a pezzi. «Io sto con
Campo progressista, mentre Mdp è sulle posizioni di Sinistra italiana
perché non gliene frega un c... del progetto di Pisapia». Senato della
Repubblica, mattina di divorzi e veleni. Muore una maggioranza, senza
neanche il pathos delle grandi occasioni. I bersanian- dalemiani votano
lo scostamento dei conti pubblici (servono 161 sì, ne arrivano
addirittura 181 sì) e si sganciano sulla nota di aggiornamento al Def,
anche se il testo passa comunque con 164 sì. L’unico a godere è Denis
Verdini. «Se la sinistra si comporta da irresponsabile – ruggisce mentre
si accarezza la criniera argentata - ci siamo noi». Tecnicamente non è
stato decisivo, ma domani chissà.
Sulla carta, è il giorno in cui
la sinistra rompe col governo. In pratica, Giuliano Pisapia strappa
soprattutto da D’Alema, che la sera prima aveva strappato da lui: «Deve
fare un passo di lato – scandisce l’ex sindaco a “Circo Massimo” su
Radio Capital rispondendo a Massimo Giannini -. È divisivo, come Renzi».
È l’ultimo schiaffo di una lite che sega alla radice il progetto
unitario.
Non vanno d’accordo su nulla o quasi. Se Mdp esulta per
lo scontro con Gentiloni, l’avvocato milanese sceglie l’angolatura
opposta: «Era fondamentale che Mdp non votasse contro lo scostamento di
bilancio. Ora inizia un percorso». Già segnato, sembra, perché Campo
progressista non esclude di sostenere la manovra puntando sulla
disponibilità del governo a rivedere i superticket della sanità, ma gli
scissionisti ex Pd hanno già deciso: «Facciamo quello che ci chiedono i
nostri elettori – giura Roberto Speranza mostrando il cellulare –
guardate quanti messaggi che ci incoraggiano ad andare avanti!».
Per
andare dove, si vedrà. Al Senato, intanto, una linea invisibile spacca
lo spicchio sinistro in quattro o cinque campi da gioco. E non mancano
le gomitate. Ultimamente i sedici senatori di Mdp vanno d’accordo con
quelli di Sinistra italiana, in guerra permanente con Pisapia. «D’Alema è
divisivo, divide la sinistra dalla destra - è il tweet al cianuro di
Nichi Vendola - Per Giuliano è sufficiente dividere la sinistra... ».
Seguire il filo è un’impresa, come il gioco del “chi sta con chi”. I due
presunti pisapiani Stefàno e Uras, ad esempio, raccontano un film
diverso da quello dei bersaniani: «Siamo in cinque, bisogna contare
anche i tre senatori dell’Italia dei valori. Vogliamo un centrosinistra
plurale. E pensiamo che senza il Pd non si possa costruire». «Macché -
replica dall’Idv Maurizio Romani - stavamo con Campo progressista, ma
adesso abbiamo scelto un’altra strada». Chi ci capisce è bravo. «Ma no, è
facilissimo - fa la sintesi un antico dalemiano rimasto dem come Ugo
Sposetti - la linea è soltanto una, quella di D’Alema. Solo che stavolta
Massimo porterà tutti a sbattere».
Se il separatismo di sinistra
scava trincee tra i progressisti, immaginare un patto ulivista che tenga
tutti dentro sembra addirittura da visionari. Per i bersaniani conta
soprattutto allontanarsi il più possibile da Renzi, spingendogli contro
Verdini: «Ala ha sostenuto il governo - ricorda Miguel Gotor, nel cuore
del Transatlantico - è la solita maggioranza fantasma che si muove al
Senato da anni». Come d’incanto, si manifesta il berlusconiano ex
verdiniano Domenico Auricchio. E punta proprio Gotor: «Tu non voti? Voto
io al posto tuo, qua nessuno vuole andare a casa». In fondo, è la
“teoria Gasparri”: «Il governo non cadrà mai - spiega l’ex An - Qua c’è
gente che non vuole perdere un giorno di legislatura, perché sa che a
Palazzo Madama ci tornerà solo in gita col Comune...».
Il separatismo scava trincee. Stefàno e Gotor agli antipodi. Sposetti: Massimo porta al disastro