Repubblica 31.10.17
Vita, passioni e opere del comunardo Gustave Courbet
di Valeria Parrella
“La
chiara fontana” di David Bosc, un romanzo sugli ultimi anni del pittore
francese che amava la natura selvaggia, l’acqua e i più deboli
Capita
che gli scrittori si accordino alle note di un altro artista, di una
figura della Storia a cui sono riconoscenti, che li ha inquietati,
incuriositi, fino a diventare ossessione, oggetto di studio, e
personaggio. Capita che la biografia diventi romanzo, che ciò che i
documenti non sanno riportare — perché la burocrazia non sa raccontare,
le annotazioni non vanno lette ma interpretate — venga ricostruito negli
occhi di un altro artista, che arriverà secoli dopo sulle stesse
strade, spinto dalla medesima passione per il mondo e le sue
espressioni. È stato un imperatore filosofo per Yourcenar, Katherine
Mansfield per Pietro Citati, Balzac per Zweig, Evaristo Carriego per
Borges, e Kafka, dieci anni fa, nella grafic novel di Cramb. Qui,
nell’incontro tra David Bosc (francese, classe 1975, autore di La chiara
fontana, L’orma) e Gustave Courbet, c’è la compassione teneramente
virile dell’uomo che riconosce la libertà all’altro, e sente la
necessità di celebrarla. Courbet era quello che «non possono esserci
scuole, ci sono solo pittori», che scandalizza il mondo con la realtà
della sua origine: materica e incontrovertibile. Chi può contraddirlo
che l’Origine du monde sia lì? Courbet è pure quello che alla
proclamazione della terza repubblica francese chiede e ottiene
l’abbattimento della colonna di Place Vendôme, perché era un simbolo
napoleonico, e raccontava il sangue della battaglia di Austerlitz, e la
prepotenza. Courbet amava il popolo, lo dipingeva, durante la Comune fu
fatto assessore alla pubblica istruzione e, se parlava di sé, si
dipingeva come quell’uomo disperato de l’Autoritratto del 1841.
Il
cui talento di Gustave Courbet è così sicuro che fin dalle primissime
tele «posava sulla Natura uno sguardo dritto, ad altezza di esistenza»,
dice Bosc. Dev’esser stata questa la cifra che lo fonda come padre del
realismo, ed è entusiasmante che a dirlo in maniera così chiara, a
stanarne la ratio profonda non sia un critico, bensì che questa
affermazione illuminante si trovi in un romanzo.
Nel 1873,
braccato dalla polizia francese, il comunardo Courbet ripara in
Svizzera, è ricco e famoso, beve tanto, ama e si fa amare, dipinge ogni
giorno fino alla nausea perché gli servono soldi: deve saldare il suo
debito con il tribunale. Ama la natura solo quando è selvaggia, non sa
cosa farsene dei giardini, piuttosto: aprirne i recinti e andare lì dove
l’erba ùrtica e il cammino si fa scosceso. Canta un ritornello tornando
dal bar, a squarciagola, sottobraccio agli amici e agli aiutanti, e
quel ritornello parla di una chiara fontana, e l’acqua è non solo uno
dei motivi ricorrenti delle sue opere (al Salon del 1853 fu esposta Le
bagnanti, un suo grande successo racconta di ragazze dormienti sulle
rive del Reno) ma la cosa che ama di più della vita. Ovunque ci sia un
lago, uno stagno, l’ansa di un fiume, vi si immerge nudo, dà scandalo,
intanto: buffi emissari della polizia in agguato dietro i cespugli fanno
risibili rapporti alla centrale, che Bosc trascrive. A dire che c’è un
abisso tra la realtà e ciò che si vede, tra gli uomini liberi e i latori
di catene.
Così a leggere La chiara fontana, si procede su due
binari: uno è la storia di Courbet nei suoi ultimi quattro anni di vita.
L’altra è la voce che racconta, il cui talento è maieutico, tira fuori
dalla storia quello che non si vedeva, e la cui determinazione a
raccontare è già per se stessa commovente. Perché chi racconta e chi
viene raccontato fanno lo stesso lavoro. Lo spiega Courbet: «Bello è
nella natura, e si incontra nella realtà sotto le forme più diverse. Non
appena lo si trova, esso appartiene all’arte o piuttosto all’artista
che sa vedervelo ».
Infine, come sempre succede con le opere di
valore, ovunque esse si svolgano: raccontano qualcosa del presente. E se
non è difficile capire perché il quarantenne scrittore Bosc senta il
bisogno di raccontare — quindi eroicizzare — Courbet, mentre
imperversano i fascismi (anche) nella sua Francia, sarà motivo di
riflessione il fatto che, nella stessa fase storica, lo scrittore
Carrère (autore anche lui, proprio lui di una famosissima biografia
romanzo sullo scrittore Limonov) senta il bisogno di raccontare — quindi
eroicizzare — il presidente Macron.
IL DIPINTO Gustave Courbet, L’origine del mondo
IL LIBRO David Bosc, La chiara fontana (L’orma editore, traduzione di Camilla Diez, pagg. 128, euro 13)