Repubblica 31.10.17
Quando Hitler esaltava il grande eroe protestante
di Tonia Mastrobuoni
BERLINO
Nel 1922 Adolf Hitler scrive che Gesù «è il nostro più grande Führer
ariano». È forse la più gigantesca fake news della storia. Ma tradisce
già un’ambizione che i nazisti trasformeranno un decennio dopo in
religione di Stato. Cancellare ogni traccia di ebraismo dalla Bibbia,
dichiarare “dannoso” il Vecchio Testamento, negare persino che Gesù
fosse ebreo. Una mistificazione mostruosa che portò i nazisti a fondare
nel 1939 ad Eisenach un istituto per de-giudeizzare la tradizione
cristiana. E che motivarono anche attraverso il violento antisemitismo
del tardo Martin Lutero.
Lo racconta una bella mostra su Lutero e
il nazismo, allestita nel Museo della “Topographie des Terrors”, nel
vecchio quartier generale della Gestapo a Berlino.
Il padre della
Riforma protestante divenne sin dagli esordi una figura fondamentale
della propaganda nazista. E non solo per il suo antisemitismo. Sin
dall’unità tedesca e dalla fondazione del Reich nel 1871, l’uomo che si
era ribellato al Papa e che, secondo Thomas Mann, aveva liberato lo
spirito dei tedeschi traducendo la Bibbia nella loro lingua, era
considerato un padre della patria.
Nella perenne tendenza al
pervertimento di tutto, i nazisti lo trasformano in un secondo Führer.
Il teologo Hans Preuss, nel suo libro Luther, Hitler, scrive che
«entrambi sono chiamati a salvare il loro popolo. Da entrambi si leva il
grido per l’Uomo Nuovo della salvezza». E lo storico Heinrich Bornkamm
distorce il pensiero del riformatore sino a rintracciare nei suoi
scritti un antisemitismo non diretto «contro l’ebreo in sé» ma motivato
dal concetto di razza. Hans Delbrück muore nel 1929 e non assiste alla
deriva della sua Storia universale, la cui ultima parte viene affidata a
un fervente nazista come Konrad Molinski. Sulla copertina, due figure-
simbolo dell’epoca moderna e di quella contemporanea, secondo la
Germania di allora: Lutero e Hitler.
In quegli anni si consuma un
divorzio drammatico tra i teologi e gli storici protestanti tedeschi e
quelli del resto del mondo e già nel 1933, in occasione dei
festeggiamenti per il quattrocentocinquantesimo anniversario della
nascita del padre della Riforma, il governatore della Turingia può dire,
euforico, che «Lutero è nostro». Certo, nella follia collettiva,
nascono anche sacche di resistenza, come la Bekennende Kirche, quella di
Karl Barth o Dietrich Bonhoeffer. Il quale commenterà amaro: «Vedo la
parola di Lutero ovunque, trasformata da verità in inganno».
Nel
1939 un rapporto della Gestapo rileva una differenza sostanziale tra
protestanti e cattolici. Tra i primi registra «preghiere sincere per il
Fuehrer e il popolo tedesco, che scaturiscono da una profonda
comprensione degli avvenimenti odierni», cioè quelli che stanno
precipitando la Germania e il mondo intero nel baratro della guerra. Tra
i cattolici, la Gestapo nota invece con fastidio che si parla di «tempi
difficili» con i quali Dio sta mettendo alla prova i tedeschi perché
ritrovino la «retta via alla vera Chiesa e al vero Dio». Che non è il
Führer nazista, evidentemente.