Repubblica 30.10.17
Il vero confine sta nella familiarità con il digitale
di Luigi Ceccarini
Più sfiduciati i quarantenni a cui la crisi ha tolto le prospettive di carriera
Le
generazioni sono diverse e dinamiche. Non è una novità e l’indagine
Demos-Coop l’ha confermato rilevando orientamenti verso l’orizzonte di
vita, il futuro, l’incertezza. È interessante non solo la differenza tra
le generazioni – persone che sono cresciute in fasi storiche differenti
- ma anche dentro le generazioni. Una cesura importante è tuttavia la
distanza tra giovani e adulti. La ricerca evidenzia questa distinzione: i
primi socializzati al tempo di Internet e del mondo globale, i secondi
impegnati nella difficile gestione della vita quotidiana.
Rispetto
ai primi si rilevano differenze tra i più giovani, la generazione della
Rete, ventenni cresciuti durante l’era digitale, e quella dei
trentenni: la generazione del millennio. Questa è cresciuta con
l’Europa, come valore e come speranza, ma è anche quella che più risente
della crisi economica. La disoccupazione ne caratterizza il profilo. Se
stanno terminando gli studi non prefigurano grandi prospettive.
Ritengono di appartenere a una generazione con scarse opportunità (29%).
Per questo si accomunano con le generazioni successive, per la
disillusione nel futuro che vedono incerto e rischioso (55%). Si sentono
i più soli nel panorama delle generazioni (39%).
I giovani della
Rete, anche per l’età, non pensano ancora concretamente al futuro e allo
sbocco lavorativo: vi ripongono però un certo entusiasmo (45% vs 29%).
L’aspirazione a una carriera di successo è un riferimento importante e
(ritenuto) possibile. Sono i più fiduciosi nell’Europa (47%) e nella
globalizzazione (51%). È, inoltre, una generazione senza religione (7%).
Ma aperta al mondo e cosciente di dover muoversi in un mercato globale.
L’estero come luogo di lavoro è parte della loro prospettiva (70%).
Gli
adulti, secondo l’indagine Demos-Coop, si distinguono in modo netto
dalla generazione giovanile considerata nel suo assieme. Questo si
rileva a partire dalla generazione della transizione, cioè i
quarantenni, cresciuti tra la fine del blocco sovietico e l’allargamento
a Est dell’Ue. Sono i primi ad aver conosciuto e subito le conseguenze
della crisi economica mondiale, con i riflessi su quantità e qualità del
lavoro. Tra loro vi sono componenti scolarizzate e occupate, ma anche
disoccupati con difficoltà nel ricollocarsi. Hanno perso il sogno della
carriera di successo. Come le altre generazioni di adulti fanno
osservare differenze negli orientamenti rispetto ai giovani: (s)fiducia
nella globalizzazione 24% e nell’Europa 31%. Sono più incerti nel
futuro, anche degli anziani (56% vs 44%).