Repubblica 2.10.17
La Ue sostiene Rajoy “La Costituzione va sempre rispettata”
Ma la linea del silenzio di Bruxelles sta diventando un caso “La violenza è da condannare, in queste fasi serve il dialogo”
di Alberto D’Argenio
BRUXELLES.
Per settimane le istituzioni europee sono rimaste in silenzio fingendo
di ignorare quello che stava per accadere in Catalogna. Alla giornaliera
conferenza stampa di mezzogiorno, i portavoce della Commissione di
fronte alle domande della stampa internazionale con un imbarazzato
«bisogna rispettare la Costituzione spagnola» implicitamente sostenevano
Mariano Rajoy. E anche ieri sera, a violenze consumate, si trinceravano
dietro al “no comment”, promettendo una tardiva reazione per oggi. Un
silenzio assordante, quello di Bruxelles, fondato su solide ragioni
politiche, giuridiche e di convenienza. Che però non giustificano
l’assenza di qualsiasi tentativo di mediazione tra Madrid e Barcellona.
Le
tre istituzioni Ue sono guidate da esponenti del Partito popolare
europeo (Tusk, Juncker e Tajani), lo stesso Ppe di Mariano Rajoy. Ma
anche dai governi a guida socialista negli ultimi giorni nessuno ha
fatto sentire la sua voce. Allo stesso summit di Tallinn, giovedì e
venerdì, nei discorsi riservati nessun leader ha criticato Rajoy,
rimasto a Madrid per seguire la situazione catalana. La ragione è
semplice: il referendum era giudicato illegale per le modalità con le
quali è stato indetto. E se nessun leader vorrebbe trovarsi nei panni di
Rajoy, oltretutto in Europa vige la regola aurea per cui nessuno si
intromette nelle faccende interne di un altro Paese.
Solo le
sfumature erano diverse, con i leader di centrosinistra riservatamente
preoccupati per la linea dura con la quale il premier spagnolo si
preparava a gestire il voto di ieri. Quelli di centrodestra, legati al
Partido Popular, non criticavano nemmeno l’atteggiamento muscolare della
Moncloa. Così ieri nel silenzio dei vertici delle istituzioni Ue e
soprattutto del centrodestra al Parlamento europeo che attendevano di
capire fino a che punto avrebbero potuto difendere Madrid, solo la first
minister scozzese, Nicola Sturgeon, si diceva «preoccupata» per le
violenze della polizia. Quindi, a metà giornata, soltanto un premier ha
parlato, il socialista belga Charles Michel, uno che in casa tra valloni
e fiamminghi non vive certo una situazione facile. Eppure ha detto: «La
violenza non può essere la risposta, serve il dialogo politico».
A
livello Ue solo alcune famiglie politiche si sono prese la libertà di
esprimersi. Il capogruppo dei socialisti all’Europarlamento, Gianni
Pittella, ha dato voce al sentimento che si respira nel centrosinistra
europeo: anche se il referendum «non è valido», abbiamo assistito a «un
giorno triste per la Spagna e l’Europa, le voci dei cittadini in piazza
in Catalogna devono essere ascoltate». Con critica a Rajoy, che «per
mesi non ha agito» alla ricerca di una mediazione politica.
Oltre
ai socialisti si sono espressi anche i liberali, con il capogruppo al
Parlamento europeo, l’ex premier belga Guy Verhofstadt: «Non voglio
interferire con le questioni domestiche della Spagna, ma condanno
assolutamente quanto accaduto. È tempo di una de-escalation». Altra voce
socialista, ma non di governo, è arrivata da Londra, con il capo del
Labour, Jeremy Corbyn, che ha condannato l’uso della forza.
Dopo
le centinaia di feriti di ieri sarà difficile che le istituzioni Ue
restino in silenzio, se non altro perché oggi a Strasburgo si apre la
plenaria dell’Europarlamento. E se non ci sarà una posizione chiara in
tanti a Strasburgo saranno pronti a ripetere le parole pronunciate ieri
dall’europarlamentare dello Sinn Fein, Matt Carthy: «L’atteggiamento di
Bruxelles è imbarazzante».