La Stampa 2.10.17
Catalogna
Il colpevole silenzio dell’Europa
di Stefano Stefanini
Si
apre, per la Spagna, la crisi più grave dalla fine della dittatura
franchista nel 1975. Quello di ieri, in Catalogna, è stato un disastro
politico annunciato – ed evitabile – nell’assordante silenzio
dell’Europa. L’indomani è il giorno dell’incertezza. Carlos Puigdemont
può dichiarare l’indipendenza della «Repubblica catalana» nel giro di 48
ore.
Come risponderà Mariano Rajoy? L’Ue e le grandi capitali europee possono continuare a restare alla finestra?
Il
1° ottobre del 2017 è la data che scava un abisso fra Madrid e
Barcellona. Non per il voto catalano pro-indipendenza, troppo imperfetto
per far testo, ma per il tentativo spagnolo d’impedire ai cittadini,
con la forza, di esprimere la propria opinione. Per di più è stato un
mezzo fallimento. La maggior parte dei seggi, o comunque molti, sono
stati aperti e funzionanti. In compenso Madrid ha pagato un costo
altissimo nelle immagini della polizia contro una folla che di violento
non aveva nulla. Non erano i «No Global» di Genova. Non volevano
sovvertire il sistema. Volevano andare a votare. E sfidavano la polizia,
manganelli e pallottole di gomma comprese.
Quali che fossero le
ragioni costituzionali di Madrid, sono naufragate nelle strade e nelle
piazze catalane. La Spagna può ancora evitare il precipizio ma solo se
entrambe le parti saranno capaci di fare un passo indietro e tornare a
far politica. Sembra difficile dopo il confronto di ieri. Gli animi sono
riscaldati. Rajoy pretende che l’episodio sia chiuso con un nulla di
fatto; se lo pensa veramente non ha capito quanto è successo. Tocca ora
anche all’Ue e ai leader europei far capire a Madrid come agli
indipendentisti catalani che il muro contro muro conduce a una
catastrofe politica. Il silenzio di Bruxelles, forse benintenzionato,
diventa indifferenza callosa.
Con una scelta legalistica e
impolitica, il premier spagnolo ha regalato agli indipendentisti
catalani un successo a tavolino che avrebbe potuto vincere o pareggiare
sul campo. Aveva dalla sua la maggioranza silenziosa dei catalani che
non chiedeva la secessione, più la Costituzione che gli permetteva di
ignorare il risultato del referendum come esercizio extra legem.
Facendone una prova di forza ha costretto i catalani, anche la palude
degli indecisi, a schierarsi. I cittadini pacifici che ieri sfidavano la
polizia si ribellavano all’idea di non poter pronunciarsi sul proprio
futuro. In democrazia non c’è legge che possa spiegarlo, non c’è
Costituzione che tenga.
Non chiamiamolo referendum. La
consultazione si è svolta in circostanze quantomeno anomale, con urne
aleatorie e conteggi altamente problematici. Si può solo osservare che
malgrado gli ostacoli frapposti dalla polizia l’affluenza è stata
elevata e che, del tutto prevedibilmente, il voto è stato massicciamente
a favore dell’indipendenza. Chi è contro non è certo andato alle urne.
Puigdemont ringrazia Rajoy: il risultato sarebbe stato diverso se Madrid
avesse chiuso un occhio. Chiamiamola svolta politica che mette le ali
al nazionalismo catalano: per Madrid molto peggio di un referendum.
L’indipendenza
di chi non ce l’ha non riscuote molte simpatie nella comunità
internazionale. Chiedere al 98% dei curdi che l’hanno votata. L’Onu è
ancorata agli Stati esistenti, beati possidenti di sovranità nazionale e
tutt’altro che disposti a creare precedenti che la minaccino o la
frazionino. Salvo poi arrendersi all’evidenza quando il coperchio salta
come in Urss e nell’ex Jugoslavia.
Dall’Ue ci sarebbe però da
aspettarsi di meglio; per rispetto di democrazia sostanziale e per
lungimiranza strategica. A Tallinn i leader europei non hanno parlato di
Catalogna per non offendere l’assente Rajoy; non hanno parlato di
Brexit, dopo l’importante discorso di Theresa May a Firenze, per non
invadere il campo della Commissione. Danno l’impressione di evadere i
veri problemi sul tappeto fino a che non diventino crisi di cui siano
costretti ad occuparsi.
Le pressioni secessioniste e
indipendentistiche, non solo politiche, sono reali; ma non hanno nulla
d’irresistibile: sono gestibili e contenibili, se affrontate con la
politica – Scozia e Quebec docent. Se l’Ue non lo farà il camion del
rilancio e dell’integrazione ripartirà con un carico di cocci anziché di
vasi.