venerdì 27 ottobre 2017

Repubblica 27.10.17
“Di questo partito che mina le istituzioni non condivido nulla”
Il presidente del Senato e l’addio ai dem: “Distanza totale da una deriva imbarazzante. Da senatore non avrei votato né fiducia né Rosatellum. Io candidato Mdp? Per ora non ci penso”
di Liana Milella

ROMA. «La verità, in questi giorni, mi è apparsa in tutta la sua evidenza, ormai io non condivido più la linea di questo Pd». E ancora: «Se non fossi stato il presidente del Senato non avrei votato né la legge elettorale, né tantomeno la fiducia ». C’è come un velo di rassegnata amarezza nella voce di Grasso quando, a sera ormai inoltrata, dopo aver assistito alla proiezione di un film accanto a Mattarella, chiosa la scelta di chiudere la sua storia politica col Pd, nata a dicembre 2012 con Bersani, ma proseguita nel gelo con Renzi. I due non hanno mai dialogato, come più volte lo stesso Grasso, lasciandosi andare a una battuta – «Sì, …parliamo durante le parate militari…» – ha confermato.
Ma ora, con la legge elettorale e il sostegno di Verdini, Grasso va per la sua strada.
Su quale sarà questa “strada” mantiene il riserbo – «Per il futuro vedremo, non è oggi la giornata giusta per pensarci» – ma il pressing di Mdp nei suoi confronti non è più un mistero.
Dopo una notte inquieta, e dopo la delusione avuta in aula, ascoltando il capogruppo Pd Luigi Zanda che difende tutti, ma non spende neppure una parola per lui, Grasso rompe clamorosamente con i Dem. Eccolo dire: «Politicamente e umanamente la misura è colma. Io non mi riconosco più nel merito e nel metodo di questo Pd. Assisto a comportamenti che imbarazzano le istituzioni e ne minano la credibilità e l’indipendenza. Non mi riconosco nemmeno nelle sue prospettive future». C’è la critica netta alla mozione su Bankitalia, assunta all’insaputa del governo, ma c’è soprattutto la frattura politica rispetto alle prospettive di un’intesa con il centrodestra che si è materializzata con il voto al Rosatellum di Denis Verdini. Il «ragazzo di sinistra», come si era autodefinito Grasso a Napoli appena qualche settimana fa davanti alla platea di Mdp, cambia strada rispetto a Renzi. Al quale, alla festa di Imola, aveva già inviato un segnale chiaro, «guardiamo a sinistra, e non al nuovo centrodestra », lui che nel 2013 si era candidato con una coalizione dove c’era anche Sel.
Una scelta improvvisa quella di Grasso, che spiazza i suoi più stretti collaboratori. Che pure erano rimasti colpiti dalla sua reazione, martedì in aula, contro il grillino Crimi. Quel dire «si può esprimere malessere, ma non è detto che, per senso delle istituzioni, si debba obbedire ai propri sentimenti ». Ieri mattina l’aula, una rapida colazione, poi la comunicazione ufficiale a Mattarella e Gentiloni. Alle 16 e 30 la telefonata con Zanda, in cui Grasso annuncia il suo passo. Zanda rivela che la settimana scorsa gli aveva offerto un seggio e lui aveva replicato con un «ci penserò». Ma negli stessi giorni il presidente del Senato sta tentando una disperata mediazione «per evitare la fiducia», cercando di convincere il Pd. Tant’è che riceve anche chi firma per il no, come Felice Besostri. Tutto inutile, il Pd va avanti ugualmente.
Dice Grasso: «La mia è una scelta sofferta, ma è l’unica che possa certificare la distanza, umana e politica, da una deriva che non condivido». Parla proprio di «deriva », usa una parola pesante, in cui risuona la sua battaglia sulla riforma costituzionale, il tentativo di convincere il Pd a fare marcia indietro sul Senato non elettivo. Alla fine vinta solo per merito degli elettori. Ma in quei giorni, come adesso, Grasso ha distinto il ruolo dalle sue idee. Su questo insiste anche ora quando dice: «Ovviamente la mia scelta non scalfisce in alcun modo la mia imparzialità nei futuri comportamenti da presidente ». Quasi previene chi, come M5S, lo critica per non aver annunciato il suo passo qualche giorno fa, prima della discussione sulla legge elettorale. Ma nei tempi, all’opposto, c’è tutto il “metodo” Grasso, distinguere tra le istituzioni e le proprie idee.
Questo spiega il riserbo sul suo futuro, il futuro del «ragazzo di sinistra » che tutti danno all’interno di Mdp. Oggi, come ripeteva ieri sera, c’è la chiusura di un percorso politico: «Quando mi sono candidato nel Pd riconoscevo principi, valori e metodi condivisi, che si sono andati disperdendo nel corso degli anni». Ma rifiuta di anticipare le prossime mosse: «Per il futuro vedremo, non è oggi la giornata giusta per pensarci». E poi: «In una decisione come la mia non contano certo le poltrone. E per me, non sono mai contate».