mercoledì 25 ottobre 2017

Repubblica 25.10.17
Basta indugi sul biotestamento
risponde Corrado Augias

CARO Augias, sacrosanta la battaglia di Repubblica perché la legislatura approvi leggi fondamentali, prima della chiusura e di fronte all’incertezza sull’esito elettorale. Alcune leggi — come quella sulla tortura — sono state approvate; poi l’attenzione si è concentrata sullo Ius soli. Giusto, ma questo ha messo in ombra un’altra legge importantissima, quella sul biotestamento. Solo di recente, l’appello di quattro senatori a vita e di numerosi sindaci ha riacceso i riflettori. Mentre la legge sullo Ius soli è in calo nel consenso popolare, quella sul testamento biologico è condivisa da oltre l’80% degli italiani. La drammatica fine di Loris Bertocco l’ha resa ancora più urgente. La legge non riguarda l’eutanasia, si limita a ribadire che ognuno ha diritto a rifiutare le cure, incluse respirazione e alimentazione artificiali; importante anche la possibilità di depositare le proprie volontà in caso di incoscienza futura e nominare un rappresentante di fiducia. Visto che i 5Stelle (inaffidabili) questa volta sembrano d’accordo, perché non tentare il voto come segnale di buona volontà?
Giovanni Frigerio — Milano
SI TRATTA di due proposte di legge importanti e positive. Lo Ius soli incontra però, in questa fase, notevole impopolarità anche se per ragioni sbagliate sulle quali si specula politicamente. L’altra, come scrive il signor Frigerio, è invece considerata con favore da una vasta maggioranza. Allora perché non metterla subito in discussione? In realtà le nostre domande, quella del gentile corrispondente e la mia, sono ingenue. Sappiamo benissimo perché questo accade. Le dichiarazioni anticipate di volontà — per usare il titolo tecnico — sono malviste dall’ala meno avanzata del fronte cattolico. La proposta è bloccata da 3mila emendamenti per la maggior parte «ostruttivi» come ha detto la presidente della Commissione sanità del Senato Emilia Grazia De Biasi. Una ragione è che alcuni temono che possa essere un grimaldello per introdurre surrettiziamente il diritto all’eutanasia; la seconda è la riluttanza generale che una parte (minoritaria) del Paese prova nel metter mano su materie che si ritengono di competenza divina. Domani parteciperò a Milano a un convegno su questo tema (Società umanitaria, ore 18.00) insieme a Marco Cappato e altri autorevoli relatori. La cosa riveste un particolare interesse. Cappato, esponente radicale, è accusato d’aver accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani (dj Fabo) che voleva metter fine alla sua penosissima esistenza di invalido totale. La Procura in un primo momento aveva disposto l’archiviazione. Il gip di Milano invece lo ha rinviato a giudizio imputandogli di aver rafforzato l’intenzione di Fabo al suicidio. L’8 novembre si terrà l’udienza (Corte d’Assise) che andrà seguita con attenzione scontrandosi due principi: il codice penale del 1930 che punisce (in questo caso da 5 a 12 anni di reclusione) chiunque agevoli il suicidio; dall’altra il principio costituzionale che prevede l’autodeterminazione degli individui. Questo processo potrebbe perfino diventare un’occasione utile per far intervenire la magistratura — o addirittura la Consulta — dove il Parlamento si dimostra, ancora una volta, incapace di deliberare.