Repubblica 23.10.17
I segreti del sogno
Un tempo predicevano il futuro oggi ci rivelano chi siamo. Un libro di Maurizio Bettini ci guida in una terra inafferrabile
di Marco Belpoliti
Niente
è più inafferrabile del sogno. Un momento ci avvolge, ci affascina, ci
eccita, ci atterrisce, e un momento dopo non c’è più: dissolto.
L’intensità del sogno sovente è inversamente proporzionale alla nostra
capacità di trattenerlo, di ricordarlo. Insomma i sogni, come recita la
quarta di copertina dell’appassionante
volume di Maurizio Bettini,
Viaggio nella terra dei sogni (il Mulino, pagg. 467, euro 50),
riccamente illustrato, sono nostri, ma non ci appartengono.
I
sogni sono sempre stati oggetto d’interesse da parte degli uomini, ma se
un medico viennese non avesse dato alle stampe all’alba del XX secolo
un libro con l’ambizioso titolo di L’interpretazione dei sogni, forse
non saremmo qui a parlarne, e certamente non nel modo con cui lo
facciamo ora.
La principale differenza tra noi e gli antichi —
greci e romani — è che i sogni per loro predicevano il futuro, mentre
per noi, dopo Sigmund Freud, ci comunicano informazioni relative al
nostro passato. Da questa forbice aperta tra antico e moderno parte il
libro che Bettini, classicista e scrittore, ha costruito intorno a
questo mondo inafferrabile, eppure così presente nelle nostre esistenze.
Tutte
le notti sogniamo, che lo ricordiamo o no, e tutte le mattine
interroghiamo il sogno, quando lo rammentiamo, chiedendogli, come
facevano gli antichi, premonizioni rispetto a ciò che ci sta per
accadere, oppure risposte su perché siamo così come siamo. Per i nostri
antenati i sogni giungevano dalle divinità; non appartenevano ai
singoli, erano “mandati”, e gli uomini e le donne avevano solo il
compito di interpretarli. Ma poiché era molto raro che il dio si
rivolgesse in modo diretto e comprensibile agli umani, serviva chi lo
facesse. Ecco allora comparire la “onirocritica”, scienza
dell’interpretazione del sogno, che permette di conoscere in anticipo
gli eventi futuri. Il contrario di quanto facciamo noi.
Freud ha
sostenuto che nel sogno la nostra psiche allenta le sue difese ed
esercita una censura minore, e permette ai desideri rimossi e ai traumi
dolorosi di salire alla superficie, seppure in modo distorto e
deformato, così da fornirci la chiave per capire chi siamo. Per quanto
intriso di classicità, al medico viennese era estranea la nozione di
fato, che invece connota il mondo classico, o almeno Freud non l’aveva
con la stessa convinzione dei suoi amati greci. Diverso era per Carl
Gustav Jung, il più greco degli psicoanalisti, su cui Bettini, solido
razionalista, non si sofferma. Per l’autore, non solo ai sogni non si
possono chiedere certezze di alcun tipo, ma neppure sulla divinità, «che
certa non è neppure fuori dai sogni».
Tuttavia è proprio questa
visione a rendere affascinante il libro di Bettini, che si muove nella
terra dei sogni da abile detective, determinato a svelare, se non
proprio il segreto, almeno il modo in cui si è stratificato nel corso
dei secoli il sapere intorno al sogno. Bettini è convinto che lo
smarrimento, l’incapacità di raccapezzarsi, sia propria degli stati
onirici, come per altro ci mostra direttamente raccontando due suoi
sogni. La differenza tra noi e i greci riguardo al sogno è abissale
anche per un’altra ragione. Se noi usiamo l’espressione “fare un sogno”,
i Greci invece il sogno lo “vedevano”. Per loro «il sogno era
un’esperienza eminentemente visiva». Ciò che si sogna per il greco
antico è un “oggetto” esperito dalla vista. Per noi moderni il sogno è
prima di tutto un’affezione della persona. Non a caso la parola
“affezione” ritorna più volte nel libro per indicare l’aspetto
sentimentale proprio degli individui, cosa che fa la differenza tra noi
moderni e gli antichi.
I sogni erano per i greci “immagini”,
éidola, apparizioni, fantasmi; i romani, concreti com’erano, usavano il
termine simulacra, che significa “simulare”, “imitare”. La catalogazione
del sogno fatta da Artemidoro, spiegata con efficacia da Bettini,
comprende una casistica assai complessa: sogni premonitori e sogni
non-premonitori, ma anche sogni “rappresentativi” e sogni “allegorici”; e
poi, per dettagli progressivi: sogni “personali”, sogni “altrui”, sogni
“comuni”, sogni “politici”, sogni “cosmici”. Se il sogno era per loro
fuori dal soggetto che sogna, poteva essere sia un dono sia qualcosa di
richiesto. Tra il mondo umano e quello divino esisteva un via vai
continuo; i canali tra terra e cielo, mondo inferiore e mondo superiore,
erano aperti, così come quelli tra i vivi e i morti. C’erano delle
porte, come nel sogno che Penelope narra nell’Odissea al mendicante che
ancora non sa essere suo marito, Ulisse. Due porte a doppio battente:
una di corno e una di avorio. I sogni che vengono dall’avorio recano
parole infruttuose, portano danno; quelli che provengono dal corno, nel
caso un umano li veda, s’avverano. Quale sia la ragione di questa
differenza di porte non si sa, scrive Bettini.
La cosa importante è
però la distinzione tra sogni ingannatori e sogni veri. Tutta la
mitologia classica, con storie di dei, dee, eroi, semieroi e umani ruota
intorno a questa diversità. Freud ha secolarizzato il sogno, ci ha
liberati dal gioco fausto e infausto degli dei, dissolvendo, per quanto
riguarda l’universo onirico, il mondo del sacro. In questo modo ci ha
affidati a noi stessi, trasformando l’esperienza notturna in qualcosa di
personale; ci ha resi autori del nostro destino. Per fare questo ha
rovesciato la retorica del sogno: tutto è già dato, possiamo solo
interpretare i sogni in funzione di qualcosa che non sappiamo di noi
stessi. Con il suo “Acheronta movebo”, stampigliato sul frontespizio
della Interpretazione dei sogni, ha indicato la scaletta che ci permette
di scendere nella cantina della nostra psiche, per trovare ciò che vi è
custodito, qualcosa che abbiamo messo noi stessi e che ci grava, anche
se non lo sappiamo.
Nel libro dell’illuminista ben temperato
Maurizio Bettini ci sono molte altre cose: incubi, demoni, succubi,
fantasmi, allucinazioni; ci sono tante storie che rendono questo
tragitto in sua compagnia affascinante, viaggio che si ferma sulla
soglia di una domanda che tuttavia s’impone: era meglio sognare con gli
dei e gli aruspici, o sognare da soli con gli psicoanalisti? Domanda
probabilmente capziosa, visto tutto quello che sta succedendo intorno a
noi. Ci sono altri sogni che bussano alle nostre porte, da svegli e non
solo da dormienti, e spesso hanno la forma degli incubi.
Forse ha
ragione Roger Callois, citato da Bettini. Nel suo libro L’incertezza dei
sogni sosteneva che la realtà è ben più contraddittoria dei sogni. Non
possiamo dargli torto.
IL SAGGIO Viaggio nella terra dei sogni di Maurizio Bettini (Il Mulino pagg. 467, euro 50). Con oltre 200 illustrazioni a colori