mercoledì 18 ottobre 2017

Repubblica 18.10.17
Molestia e castigo
di Natalia Aspesi

PARE che a scandalizzarsi per l’eccesso e l’accumulo di molestie sessuali perpetrate dal produttore hollywoodiano di incallita perversità verso una intera folla di giovani belle ragazze, poi diventate celebri star o scomparse nel nulla, siano soprattutto gli uomini, arrivando il presidente francese Macron a togliergli la Legion d’onore, con un gesto quasi da pochade. Non si vorrebbe che addirittura condannassero al rogo, come capitò a Ultimo tango a Parigi di Bertolucci, certi bei film messi insieme dall’orrendo omaccio, tipo Il discorso del re o Pulp Ficion, per cancellarne ogni traccia. Ma perché gli uomini più commossi delle donne, più indignati, più stupiti come se non ne sapessero nulla di certe sorti femminili non poi così rare?
Senso di colpa? Mani avanti? Virtù? Machofemminismo? Impotenza? Terrore che le donne si mettano a parlare, e non solo nel mondo del cinema? Nelle fabbriche, negli uffici, nelle redazioni, in parlamento, in tribunale, nelle caserme, negli ospedali, all’opera, negli allevamenti di galline, anche nelle parrocchie, ovunque insomma si trovino insieme uomini e donne? Soprattutto nel passato ma non tanto lontano, le molestie hanno fatto parte di una certa quotidianità italiana, finendo le prede quasi a non farci più caso: l’omino che nella penombra si tirava già i pantaloni al passaggio delle adolescenti, l’omone che in strada seguiva le ragazze mormorando schifezze, l’uomo che in tram toccava immancabilmente il sedere o strofinava sullo stesso la sua patta, il medico che sostava più del necessario con le mani sul seno, l’attore che riceveva la giornalista in camerino, indossando una vestaglia che si apriva a poco a poco. E tutte queste miserie miserabili, neppure in cambio di qualcosa, come probabilmente può essere stato per le aspiranti attrici che non sono fuggite davanti al boss aspirante violentatore. Pare che i disperati erotomani da strada siano quasi scomparsi, e invece molto aumentati quelli da ufficio, diminuendo nel contempo la soglia di tolleranza delle donne: si sta parlando non di violenza sessuale ma di molestie, come quelle capitate alla maggior parte delle vittime di Weinstein.
Per cui nel giusto frastuono delle signore svillaneggiate, è ormai da tempo intervenuta la legge, a cui si può ricorrere, sempre che poi si venga ascoltate. Negli Usa esiste una norma, il Titolo VII della legge sui diritti civili del 1964, che se fosse applicata in Italia distruggerebbe intere aziende. Il sexual harassment, la molestia sessuale, è un reato che comprende praticamente tutto ciò che non è violenza, e consente alla vittima con buon avvocato di dilapidare ogni sostanza al crudele persecutore. Il reato punisce toccamenti, pizzicotti, strofinamenti, sfioramenti, mostrare immagini scurrili, inviare mail pruriginose, ma anche ogni altra villanata tipica di certi nostri allegroni: cioè fischiare al passaggio di una bella segretaria, o fissarla con cupidigia, commentare parti del corpo, raccontare barzellette erotiche. In più fare riferimenti all’età, all’etnia, alla religione, alle disabilità, anche alla possibile pazzia. Cosa deve fare la donna (o l’uomo, che negli ultimi 5 anni ha rappresentato il 17% delle denunce) per rivalersi delle varie offese? Primo denunciarle al proprio superiore, poi alla Commissione per le pari opportunità sul luogo di lavoro, telefono 888-669-4000, se mai capitasse anche alle italiane di compiere uno stage negli Stati Uniti.
E in Italia? Da noi il reato di molestia è previsto dall’articolo 660 del codice penale e comprende espressioni volgari a sfondo sessuale, atti di corteggiamento invasivo e insistito diverso dall’abuso. Una sentenza della Cassazione del 2012 fa una interessante differenza tra molestia e violenza, che avviene quando la molestata non ha possibilità di fuga. Secondo la sentenza che non teme di essere esplicita, «un tale comportamento materiale accompagnato da strani movimenti con la lingua e toccamento dei propri pantaloni e dalle parole oscene pronunciate come ‘mi diventa grosso e duro’ denotava senza alcun dubbio l’intento di appagamento del proprio desiderio violando nel contempo la sfera di autodeterminazione sessuale della donna». Anche in Italia Harvey Weinstein se la passerebbe molto brutta. Si spera.