mercoledì 18 ottobre 2017

Repubblca 18.10.17
“Anche io” sono vittima di abusi Con Alyssa dilaga la social-denuncia
La star Milano lancia #metoo, poi hashtag in italiano e francese. E gli uomini: l’ho fatto
di Francesca Caferri

ME TOO. Anche io. E non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo. Perché in fondo lo sapevano già tutti. Nelle università, negli ospedali, negli uffici, nei giornali. Che da quel prof è meglio andarci accompagnate, con quel capo è meglio evitare le trasferte di lavoro. Che quel colloquio è meglio fissarlo al ristorante e la sera il lavoro rimasto è bene portarselo a casa invece di rimanere fino a tardi alla scrivania. Perché molestano le donne. Eppure c’era proprio bisogno di dirlo perché tutti aprissero gli occhi e smettessero di far finta di nulla. O di sorridere facendo la battutina di turno.
In tempi di social sono decine di migliaia le donne che dopo lo scandalo di Harvey Weinstein che ha scosso Hollywood lo stanno facendo, in tutto il mondo. #MeToo, l’hashtag lanciato dall’attrice Alyssa Milano, protagonista della serie di culto “Streghe”, nel giro di 48 ore ha fatto il giro dei social affiancandosi e superando, con la forza di quella lingua franca che è l’inglese, quelli nati negli altri idiomi. #quellavoltache in italiano e #balancetonporc in francese, per citare quelli più vicini a noi.
Se tutte le donne che sono state in qualche modo molestate lo dicessero in pubblico, forse servirebbe a far capire l’entità del fenomeno, ha detto Milano lanciando la sua campagna. E la risposta non si è fatta attendere. «#MeeToo. Quando ero nell’esercito. E molte volte. Sono stata zitta per preservarmi», dice Rita Abraham. «#MeeToo. Da bambina, quando i ragazzini mi tiravano su la maglietta e mi toccavano », le fa eco un’altra donna.
Eppure un interrogativo resta: davvero, serviva che lo dicessimo? Forse sì, perché qualcuno ha cominciato a capire. Le battutine sono diminuite, i sorrisi si sono spenti e la condanna di chi sapeva e ha taciuto, a Hollywood come nel resto del mondo, sta diventando un po’ più comune. E forse serviva che lo dicessimo perché c’è anche chi ha iniziato a rispondere in pubblico: cosa che non era affatto scontata. #Ihave. L’ho fatto, è l’hashtag nato negli Stati Uniti in risposta a #MeToo: l’ho fatto anch’io, ho molestato una donna. Una collega, una compagna di studi, un’amica che si era fidata troppo. In Italia e in Francia non si ha notizia di hashtag simili, ma sarebbe bello se nelle prossime ore cominciassero a girare anche sulla nostra Rete frasi come questa: «L’ho fatto. Ho chiesto sesso in cambio di favori di lavoro. E ho punito chi diceva no», twitta un uomo.
«Dovremmo tutti essere femministi », ha detto la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie con una frase che ha colpito talmente tanto da finire scolpita sulle magliette da 500 dollari di Dior. «I bambini devono essere cresciuti femministi tanto quanto le bambine, perché sono quelli che hanno il potere e la responsabilità di cambiare la cultura», ha scritto qualche giorno fa il primo ministro canadese Justin Trudeau, idolo del femminismo moderno.
È una verità elementare. Ma se a farla capire serve urlare sui Social network, allora lo stanno facendo decine di migliaia di donne. #MeeToo. Anche io. E anche a nome di quelle che un Social network non sanno neanche che cosa sia.