martedì 17 ottobre 2017

Repubblica 17.10.17
“L’allerta sul mio cellulare: ho chiesto aiuto a 70 telescopi”
Marica Branchesi fa da collegamento tra Ligo-Virgo e gli astronomi
L’esperimento dei sogni si è svolto proprio davanti ai nostri occhi, È stato tutto rapidissimo

L’AQUILA. Due figli, un nipote e cinque onde gravitazionali in due anni sarebbero estenuanti per tutti. «Ora vorrei fermarmi un po’». Marica Branchesi ha gli occhi tanto stanchi quanto il sorriso è radioso. Astronoma, a 40 anni è ricercatrice al Gssi, il Gran Sasso Science Institute, la scuola universitaria di studi avanzati dell’Aquila diretta da Eugenio Coccia. Quando il suo telefonino squilla, la Terra potrebbe essere stata appena investita da un’onda gravitazionale.
Qual è il suo ruolo?
«Lavoro per Ligo-Virgo. Sono una dei tre coordinatori dei “real time alert”. Quando gli strumenti registrano un segnale, io ricevo un messaggio via mail o cellulare. Devo immediatamente collegarmi alle antenne e controllare i dati di persona, con due colleghi. Cerchiamo di determinare la sorgente dell’onda e la comunichiamo ai 96 osservatori del mondo con cui abbiamo un accordo. È stato tutto rapidissimo. Nel giro di quattro ore tutti gli occhi e le orecchie della Terra si sono sintonizzate su quelle stelle. Era l’esperimento dei sogni, e si è svolto proprio davanti ai nostri occhi».
Ci racconta quel giorno?
Era il 17 agosto ed ero a casa dei miei a Urbino, dove sono nata. La notte precedente mia sorella aveva partorito e io ero rimasta con lei. Nel frattempo accudivo i miei bambini, che avevano otto mesi e due anni. Per fortuna mio marito Jan, anche lui ricercatore, non era in viaggio. Intorno alle due del pomeriggio – non ricordo nemmeno cosa stavo facendo, forse finivo di mangiare – è arrivato il messaggio sul cellulare. Ho chiamato i colleghi di turno alle antenne e ho sentito un “ooohh” che non terminava mai. È come se avessi percepito un tonfo sulla sedia, o forse l’ho immaginato. Era il segnale di un’onda, 99 secondi, un tempo infinito. La prima scoperta, quella dei due buchi neri, era durata un quinto di secondo».
A quel punto?
«Ci siamo messi a calcolare le coordinate della sorgente. Siamo stati fortunati, abbiamo ottenuto una regione del cielo ristretta, appena 30 gradi quadrati, in una regione del cielo ben mappata. Dopo appena quattro ore siamo riusciti a dare buone coordinate ai telescopi. In Cile era l’ora del crepuscolo. Le stelle di neutroni erano brillanti, anche specchi di meno di un metro le hanno viste. Per dieci giorni decine strumenti nell’emisfero australe hanno osservato tutti all’unisono quel punto dell’universo».
Cosa sono diventate adesso le due stelle?
«Probabilmente un buco nero. Ma potrebbero trasmetterci radiazioni per anni».
Avete festeggiato in famiglia?
«Ora abbiamo solo voglia di riposarci. Nell’ultimo periodo ho lavorato venti ore al giorno, non ce l’avrei fatta senza l’aiuto di mio marito. Anche lui è ricercatore nel campo delle onde gravitazionali».
Lei ha studiato a Bologna, ha lavorato al Caltech e all’università di Urbino, ora è al Gssi. Non le manca la voglia di viaggiare.
«Sono in viaggio un giorno su quattro, ma con cellulare e computer posso lavorare più o meno ovunque. Ora però abbiamo comprato casa a L’Aquila. Il Gssi è un posto ideale per fare ricerca ad altissimi livelli».
Non si può dire che i vostri bimbi non respirino cielo e stelle.
«Si dice che percepiscano le voci anche nel pancione. I miei hanno ascoltato talmente tanti discorsi su buchi neri e onde gravitazionali che faranno gli artisti, per reazione. A parte gli scherzi, quando abbiamo un po’ di tempo la sera ci piace guardare il cielo tutti insieme».
( e. d.)