Repubblica 17.10.17
Nuova scoperta grazie alle onde gravitazionali
Quando due stelle si scontrano nel cielo nasce una miniera d’oro
di Giovanni Amelino-Camelia
MOLTI
dei lettori che erano bambini o adolescenti quando arrivò a casa il
primo televisore a colori ricorderanno quel momento in modo speciale. A
casa mia arrivò pochi giorni prima dei mondiali d’Argentina e in quella
fase il calcio aveva un ruolo centrale nei miei pensieri. Ieri gli
astrofisici hanno vissuto un’emozione simile a quella che provai
guardando il tecnico spacchettare quell’enorme televisore (26 pollici,
se ricordo bene).
LE CONFERENZE stampa hanno descritto il primo
evento astrofisico osservato sia tramite onde elettromagnetiche che
tramite onde gravitazionali, un momento storico, un vero enorme
ampliamento degli orizzonti del nostro sapere. L’analogia è piuttosto
calzante perché vedere un fenomeno astrofisico sia in onde
elettromagnetiche che in onde gravitazionali arricchisce la visione (e
le opportunità di comprensione), un po’ come nel guardare lo stesso
programma a colori o in bianco e nero.
L’osservazione degli astri è
forse la più antica aspirazione umana non strettamente legata alla
sopravvivenza. Ed è finora sempre stata vincolata alla sola risorsa
delle onde elettromagnetiche. Sicuramente già l’uomo preistorico
osservava curioso il cielo in onde elettromagnetiche di spettro visibile
(le onde elettromagnetiche percepite dai nostri occhi, che chiamiamo
“luce”). Nel telescopio di Galileo la misura veniva comunque effettuata
dall’occhio umano, ma tramite delle lenti veniva potenziata enormemente
la capacità osservativa. Quelli più moderni hanno sostituito l’occhio
con altri strumenti di misura e osservano onde elettromagnetiche di
frequenza anche molto più alta (o più bassa) di quelle nella piccola
banda di frequenze a cui è sensibile la nostra vista. Ma siamo restati
comunque confinati alla esclusiva osservazione di onde
elettromagnetiche. Il cambiamento epocale già si era avviato negli
scorsi 2 o 3 anni ed ha in realtà due lati ugualmente straordinari: i
nostri interferometri per osservazione di onde gravitazionali hanno
colto i loro primi successi (tanto da motivare il recente premio Nobel) e
anche i nostri osservatori di neutrini hanno da poco osservato i primi
neutrini di provenienza astrofisica. Però fino allo scorso 17 agosto, il
giorno dell’osservazione protagonista delle conferenze stampa di ieri,
non ci era riuscito di vedere lo stesso evento tramite più di un tipo di
segnale.
Questo è per l’astrofisica lo sviluppo più importante
dopo il telescopio di Galileo. E neppure la proverbiale segretezza dei
fisici sperimentali ha retto. Da giorni si sapeva che l’evento era stato
osservato nella galassia NGC 4993 e che si trattava della coalescenza
di due stelle di neutroni, scontratesi dopo aver spiraleggiato una
attorno all’altra in una spettacolare danza finale. Quando la voce della
scoperta ha cominciato a diffondersi, è cominciata una vera e propria
caccia ai riscontri oggettivi. Il più chiaro è stato scovato su un’area
pubblicamente accessibile del piano di lavoro di Chandra, un telescopio
ad onde elettromagnetiche, dal quale si evinceva che era stato
improvvisamente ridirezionato verso NGC 4993 per seguire una
segnalazione fatta dagli interferometri Ligo e Virgo.
Cosa ci
faremo con questa “televisione a colori per l’astrofisica”? Già
l’osservazione del 17 agosto ha fornito tantissime informazioni, tra cui
la conferma dell’ipotesi che questi fenomeni di coalescenza di stelle
di neutroni danno luogo alla formazione di elevati quantitativi di
alcuni metalli pesanti. In particolare i dati ottenuti dai telescopi
elettromagnetici portano a stimare una produzione di oro pari a circa 10
volte la massa della Terra. Un altro esempio di applicazione di questo
nuovo tipo di osservazioni concerne la verifica della previsione
einsteiniana che le onde gravitazionali hanno la stessa velocità delle
onde elettromagnetiche, la velocità della luce. I tempi di osservazione
dei due tipi d’onda differivano, per l’evento del 17 agosto, di circa 2
secondi e se i due tipi d’onda fossero stati emessi in esatta
simultaneità questo pur piccolo ritardo metterebbe in crisi la
relatività einsteiniana, ma è invece probabile che la differenza di
tempi di osservazione sia semplicemente il risultato di una
corrispondente differenza di tempi di emissione dei due segnali. Questo
ed altri importanti fatti scientifici diverranno pian piano più chiari
con l’accumularsi negli anni di sempre più osservazioni come questa del
17 agosto. E come sempre capita nei rari casi in cui davvero ci riesce
di ampliare gli orizzonti del nostro sapere, questa nuova stagione
dell’astrofisica sicuramente ci porterà, oltre ad alcune cose che ci
aspettiamo, anche tante cose che nemmeno possiamo adesso immaginarci.
L’autore è fisico e insegna gravità quantistica alla Sapienza, Università di Roma