La Stampa 17.10.17
“Abbiamo visto la fabbrica di oro e platino dell’Universo”
Intercettate
le onde gravitazionali dallo scontro di due stelle di neutroni È la
prima volta e adesso si apre una nuova era nello studio del cosmo
Lo
scontro delle stelle di neutroni: il rendering lo descrive in forma di
onde gravitazionali e a destra nella radiazione luminosa
di Gabriele Beccaria
Dave
Reitze infila la mano in tasca ed esibisce l’orologio del nonno,
racchiuso in astuccio a cuore. D’oro: «Quell’oro si è formato miliardi
di anni fa e ora è qui con me. Finalmente abbiamo la prova delle sue
origini».
Reitze è un fisico, specialista di laser e ieri era con
un gruppo di colleghi a Washington per raccontare in streaming una
scoperta che farà epoca: l’osservazione dello scontro di due stelle di
neutroni. Una catastrofe registrata - per la prima volta - sia
afferrando un «fascio» di onde gravitazionali sia un lampo di luce. E in
quella collisione si è trovata la conferma che in eventi di questo tipo
si formano molti metalli che ci sono familiari, dal platino al piombo,
fino all’oro che fodera gli orologi dei nonni.
Le stelle di
neutroni sono stelle speciali. Un cucchiaino della loro materia è
terrificante, perché pesa un miliardo di tonnellate. Se ne portassimo
una intera sulla Terra - ha mostrato Reitze in un’immagine eloquente -
basterebbe la baia di San Francisco ad accoglierla: è talmente
superdensa da racchiudere in uno spazio così ristretto la massa del
Sole. Due di questi fenomeni cosmici si sono fusi a 130 milioni di anni
luce da noi, il che significa in un’epoca in cui sulla Terra apparivano
le piante da fiore e i dinosauri erano vincenti. Mischiandosi una
nell’altra, hanno emesso sia onde gravitazionali sia radiazione
elettromagnetica. Le prime sono le increspature nel tessuto dello
spazio-tempo prodotte dalla gravità e sono state intercettate l’anno
scorso dallo scontro tra due buchi neri, mentre la seconda è un insieme
di segnali di diverse lunghezze d’onda: oltre alla luce visibile, raggi
X, ultravioletti, infrarossi e onde radio. Così di questo titanico
incidente sono state raccolte tante informazioni diverse e
complementari, tenendo a battesimo - si può dire senza retorica - una
nuova era dell’astronomia, quella «multimessaggero», ha annunciato
Reitze nella sala della National Science Foundation, l’agenzia federale
che sostiene la ricerca in tanti campi, a eccezione della medicina (per
quella ci pensano i National Institutes of Health).
«È come essere
passati dal cinema muto al sonoro», ha dichiarato, mentre David
Shoemaker aggiungeva che l’ulteriore sfida è analizzare una strabiliante
quantità di dati. Lui è il portavoce di uno degli esperimenti che ha
intercettato i segnali: «Ligo» si trova negli Usa e fa coppia con il
gemello europeo, «Virgo», realizzato in Italia, vicino a Pisa. L’uno e
l’altro hanno unito le forze con uno schieramento di osservatori senza
precedenti: 70 telescopi a terra e altri nello spazio, compreso il
famoso «Hubble». Così una rete mondiale - con in prima linea il team
statunitense e quello italiano di Infn, Inaf e Asi - ha ottenuto un
altissimo livello di precisione delle misure. Il risultato è che i
fatidici 100 secondi - tanto è durato il «messaggio» delle due stelle,
nell’impronunciabile galassia Ngc4993, in direzione della costellazione
dell’Idra - sono stati una miniera di rivelazioni: è quindi arrivata
anche la prova che la collisione genera i lampi di raggi gamma, famosi
tra gli addetti ai lavori per essere le esplosioni più energetiche
dell’Universo.
Ogni risposta, tuttavia, produce altri
interrogativi. Il nuovo oggetto cosmico - la «kilonova» - ha
caratteristiche enigmatiche, così come le sue emissioni. «Einstein,
primo a predire le onde gravitazionali, ha passato il test» (per usare
le parole dell’astrofisica della Nasa Julie McEnery), ma l’Universo ha
appena cominciato a svelare i suoi segreti.