Repubblica 16.10.17
Nel sondaggio Demos il M5S è il primo partito
Le sigle a sinistra dei democratici valgono otto punti, ma non possono essere inseriti in una coalizione
Destra in pole position
FI-Lega -FdI salgono al 34%. Pd al 26% Referendum, l’autonomia fa presa
di Ilvo Diamanti
SI
È APERTA una lunga stagione elettorale. Si concluderà con le prossime
elezioni politiche. Probabilmente, in marzo. Intanto, altre scadenze si
susseguono, a ritmo serrato. La prima, domenica prossima: il referendum
sull’autonomia di Lombardia e Veneto. Quindi: il rinnovo del Presidente e
dell’Assemblea regionale in Sicilia. A inizio novembre. Mentre altre
elezioni, che si svolgono in altri Paesi, suscitano tensione anche da
noi. Il risultato di ieri, in Austria, allunga l’ombra della destra
populista. Anche su di noi. Mentre il voto in Catalogna, a favore
dell’indipendenza, espresso una settimana fa, continua a produrre
dibattito e conflitti. Non solo in Spagna. Nel frattempo, la Camera ha
votato sul nuovo sistema elettorale. Il (cosiddetto) “Rosatellum” (bis).
Approvato, tra polemiche accese, nei giorni scorsi. Questo sondaggio
dell’Atlante politico di Demos è stato condotto proprio mentre si
svolgeva il dibattito parlamentare. La cronologia è importante per
chiarire che il clima d’opinione rilevato dai dati potrebbe risentire di
questi eventi. Destinati, comunque, a produrre altri effetti, più
avanti. Ce ne occuperemo, certamente, nelle successive rilevazioni. In
questa occasione, però, non emergono grandi scostamenti, rispetto agli
ultimi mesi. E alle settimane recenti. Le stime elettorali segnalano,
invece, grande stabilità. Come la fiducia nel governo, intorno al 41%.
Il M5S e il Pd continuano a contendersi il primato, anche se entrambi
perdono qualcosa. Il M5S si conferma primo partito, con il 27,6%,
seguito, a poco più di un punto percentuale, dal Pd. Mentre Lega Nord e
Forza Italia seguono, distanziati. Con circa il 14-15% dei voti
ciascuno. Entrambi i due principali partiti della destra, però, mostrano
una crescita, per quanto limitata (un punto). Infine, le altre
formazioni (minori, per peso elettorale), a Sinistra e a Destra,
risultano stabili. Oppure mostrano variazioni molto lievi. Tuttavia, i
partiti a sinistra del Pd, insieme, sfiorano l’8%. Ma, viste le tensioni
politiche di questo periodo, è difficile immaginare che i loro voti
siano sommabili a quelli del Pd. (Salvo, forse, nel caso del Campo
Progressista di Pisapia). Mentre i partiti della Destra risultano ben
più compatibili. Insieme, FI, Lega e Fd’I sfiorano il 34%. Lo scorso
marzo non raggiungevano il 30%. Il Centrodestra appare, dunque, l’area
politica maggiormente in crescita. Emerge, così, una rappresentazione
“tripolare” del sistema politico italiano e si delinea uno scenario
molto incerto. Che difficilmente verrà chiarito dalle prossime elezioni.
Tanto più (o tanto meno) dopo l’approvazione della nuova legge
elettorale, di impianto prevalentemente proporzionale.
È, dunque,
lecito attendersi un periodo di grande instabilità e im-prevedibilità.
Anche dopo le elezioni. Tanto più perché le prossime, imminenti,
scadenze elettorali sono destinate a produrre tensioni territoriali
molto marcate. In particolare, il referendum sull’autonomia regionale,
che si svolgerà fra una settimana in Lombardia e in Veneto. Dove non
sappiamo se otterrà il quorum necessario. Cioè, se andrà a votare la
maggioranza degli aventi diritto. (In Lombardia non è richiesto). I
sondaggi possono approssimare l’esito del voto, molto difficilmente il
grado di partecipazione. (Perché i cittadini intervistati si dimostrano
reticenti. E, spesso, preferiscono sottrarsi all’intervista,
preventivamente). Tuttavia, il sondaggio di Demos mostra come il grado
di informazione, al proposito, sia molto esteso ed elevato. Quasi 7
elettori su 10, in Lombardia, e quasi 8 in Veneto, infatti, dicono di
essere a conoscenza della scadenza elettorale e della questione sulla
quale saranno chiamati a votare. Tuttavia, dicono di esserne informati
anche (più di) 4 italiani su 10. Pressoché tutti, inoltre, conoscono la
ragione della consultazione. Sanno, cioè, che si voterà per rivendicare
non la secessione, ma maggiore autonomia. Dunque, per attribuire più
poteri alla regione. È questa, d’altronde, la prospettiva auspicata da
una larga maggioranza di lombardi e soprattutto veneti. Tra i quali,
peraltro, emerge una componente significativa di “secessionisti”: 15%.
Un dato che marca la specificità veneta, anche rispetto alla Lombardia.
Perché in Veneto la distanza dallo Stato nazionale appare – come in
passato - più forte e radicata. (Il fenomeno leghista, d’altronde, venne
anticipato dai risultati ottenuti dalla Liga Veneta, nei primi anni
Ottanta. Per la precisione: alle elezioni politiche del 1983).
Le
conseguenze dell’autonomia attesa e desiderata, peraltro, vengono
considerate vantaggiose, anzitutto, per i cittadini di queste regioni.
Molto meno per l’Italia. Tuttavia, c’è un’ampia maggioranza di persone
che sottolinea le implicazioni “politiche” del referendum. Finalizzato,
senza troppi sottintesi, a rafforzare il consenso dei governatori e del
partito di governo, in queste regioni. In altri termini: la Lega.
Così
non sorprende il favore verso le ragioni dell’indipendenza catalana
espresso da un’ampia componente di lombardi e di veneti. Un orientamento
particolarmente forte fra gli elettori della Lega, com’era prevedibile.
Ma soprattutto dalla base del M5S. Anche, riteniamo, per adesione al
referendum, in quanto metodo di democrazia diretta. Peraltro, la
rivendicazione “secessionista” risulta molto estesa fra i leghisti
(20%). Ma il sentimento autonomista, insieme a quello separatista,
supera il 60% dei consensi anche fra gli elettori del M5S. E
contribuisce a precisare il significato della spinta autonomista che si
leva nel Nord. In particolare nel Lombardo- Veneto. Ma soprattutto in
Veneto. Sottende un’identità radicata insieme a valutazioni di
interesse. In particolare: la domanda di ri-negoziare, a proprio
vantaggio, lo scambio fiscale con lo Stato. Infine, riflette
insoddisfazione e protesta contro le istituzioni e contro il sistema dei
partiti. Così conviene prendere sul serio questo referendum. Anche se
la spinta (ultra)autonomista del Lombardo-Veneto non prevalesse: il
solco che separa i cittadini dallo Stato centrale rischia di allargarsi.