lunedì 16 ottobre 2017

Repubblica 16.10.17
Alla vigilia del congresso del Partito comunista, il presidente rafforza il proprio ruolo. Lo storico Rana Mitter: “È pronto a restare più di 5 anni”
L’impero di Xi Jinping
“Ecco come il nuovo Mao consolida il potere”
intervista di Angelo Aquaro

PECHINO Il Grande Fratello abita già qui. Ma la Cina che sta nascendo nel congresso che iscriverà il pensiero di Xi Jinping nella costituzione del partito –accanto a quello di Mao e Deng – rischia di far correre un brivido ben oltre il miliardo e 450 milioni di sudditi dell’Impero rosso. È un futuro dove il «governo elettronico» e il «controllo sociale» potranno dare vita a uno «Stato autoritario avanzatissimo », spiega Rana Mitter, lo storico di Oxford tra i più grandi esperti di Estremo Oriente. Da Mao Zedong a Philip K. Dick?
Gli occhi del mondo sul 19esimo congresso del partito che incoronerà Xi per i prossimi 5 anni: davvero proverà a restare oltre il termine del decennio?
«Lo scopriremo nella tradizionale passerella finale: vedremo solo allora se nel nuovo comitato permanente ci sarà qualcuno che possa configurarsi come il successore. Al momento i papabili sono troppo anziani: Wang Qishan e pochi fidati. La cosa più probabile è che si costruisca una squadra che gli permetta di avere sempre più il controllo della situazione ».
Lei scrive in “Modern China”, la sua storia riedita l’anno scorso da Oxford, che anche Jang Zemin provò a non mollare.
«La differenza è che il suo potere si basava sull’equilibrio tra fazioni. Xi ha lavorato sodo nei suoi primi 5 anni per consolidarsi il più possibile: tra i militari, nel partito, nell’amministrazione. Altro che compromesso: ha una struttura tale da puntare dritto al mantenimento del potere».
Un leader sempre più solo al comando: in uno scenario globale sempre più confuso. L’incubo atomico della Corea del Nord, Donald Trump che guida la ritirata degli Usa. È l’alba dello strapotere cinese?
«Lo vedremo già a novembre, alla conferenza dell’Apec, in Vietnam. Trump terrà un discorso potenzialmente decisivo. Perché dovrà dare assicurazione a Giappone, Corea del Sud, Taiwan ma anche Singapore che l’impegno degli Usa nel Pacifico resta inalterato. Oppure dirà, come continua a dire, che è tempo per l’America di ripensare il suo ruolo nel mondo ».
Regalando il campo a Xi: dalle isole contese del Mar della Cina del Sud dove passano 5mila miliardi di dollari di merci, alle Filippine che combattono l’Isis con le armi di Pechino.
«Non c’è solo l’espansionismo militare, pure enorme con 144 miliardi di dollari di spesa all’anno. Dalla nuova via della seta in giù la Cina è ormai al centro della regione. E’ una grandissima chance: il paradosso è che sono gli americani a offrirgliela».
Quali altri segnali bisognerà cogliere al Congresso?
«La riforma del sistema fiscale, mossa decisiva per affrontare l’enorme problema del debito, è la grande preoccupazione di Xi».
E la politica?
«La prossima sfida: e-government e controllo sociale. Si spingerà sul sistema dei crediti che valutano l’affidabilità dei cittadi- ni, anche grazie alle carte d’identità elettroniche. Un sistema che presto sarà così avanzato da diventare parte determinante del governo autoritario».
Con il Nobel Liu Xiaobo è morto il dissenso? Lei spiega che la miccia di Tiananmen scoppiò anche per la protesta sui salari. La Cina da allora si è arricchita: è sempre una questione di soldi?
«Più corretto dire che la legittimazione del partito continua a passare per il successo economico. Ma in 30 anni la classe media è cresciuta e oggi il vero problema sono i giovani laureati che non trovano impieghi all’altezza delle aspettative. Potenzialmente un grande rischio».
Abbracciare le riforme, dice Xi, non vuole dire “adottare valori e sistemi politici occidentali: le riforme dovranno sempre avere caratteristiche cinesi”. La traduzione di “caratteristiche cinesi” è: “senza democrazia”?
«Alla caduta dell’Impero si votò democraticamente già nel 1913: più di un secolo fa. E l’esperienza di Taiwan è un esempio di come nella cultura cinese può sorgere una democrazia aperta. Può accadere in un prossimo futuro? Io penso che andremo più verso un sistema ibrido. Non una democrazia liberale ma una qualche partecipazione attraverso il governo elettronico. Dipende dalla flessibilità del partito: riuscire a maneggiare un sistema che tenga la barra al centro cambiando i meccanismi intorno».
Riuscirà a farlo Xi, il nuovo Mao?
«Il paragone è fuorviante. D’accordo: il culto dell’immagine, il leader benevolente, Xi Dada cioè “zio Xi” come si fa chiamare – l’identificazione del partito nella sua persona. Ma per restare in sella Mao chiese al popolo di prendere la politica nelle proprie mani e provocò la Rivoluzione culturale. L’ultima cosa che Xi si sognerebbe di fare. La sua generazione è quella dei ‘figli della Rivoluzione culturale’. Il pugno duro viene anche da lì: avere vissuto il caos, i leader costretti dalle Guardie Rosse a confessare in piazza. Xi pensa che Mao cercò di distruggere il partito: lui farà di tutto per rafforzarlo».
Resta la domanda: come cambierà la Cina di Xi?
«Finora sembra più interessato ad accentrare il potere. Una volta creato un sistema più stabile potrebbe pensare di aprire. Ma è tutto da vedere».
Rana Mitter, storico di Oxford, è considerato tra i più grandi esperti di Estremo Oriente.
“Modern China”, del 2004, rivisto nel 2016, è il suo titolo principale