lunedì 16 ottobre 2017

Repubblica 16.10.17
New York stories
Woody Allen: “Lo scandalo Weinstein è triste ma ora scatterà la caccia alle streghe”
Il regista presenta “Wonder wheel” e racconta la sua quotidianità: “Intellettuale io? Proprio no”
intervisa di Silvia Bizio

NEW YORK WOODY ALLEN, 81 anni, è in città per finire le riprese del nuovo film, A rainy day in New York, e si è ritrovato anche lui sconvolto dallo scandalo Harvey Weinstein, esploso anche con un’indagine sul New Yorker del figlioccio di Allen, Ronan Farrow. «È triste e tragico per chiunque coinvolto», ci dice al New York Film Festival. «È tragico per quelle povere donne vittime dei suoi abusi, triste per la vita rovinata di Harvey, di sua moglie, dei figli. Ronan ha scritto un ottimo reportage e ha fatto bene a togliere il coperchio da questa pentola da troppo tempo in ebollizione e anche a togliere il velo dell’omertà su queste odiose pratiche sessiste. Ma mi lasci dire che nessuno ne uscirà vincitore da, siamo tutti perdenti». Allen spera che le indagini migliorino le cose, ma teme che «si venga a creare un’atmosfera da caccia alle streghe, in cui ogni uomo in un ufficio che fa l’occhiolino a una donna debba ritrovarsi a chiamare un avvocato per difendersi. Non è giusto nemmeno quello».
È impressionante la continuità creativa di Allen, che sforna un film ogni dieci mesi con puntualità da orologio svizzero. Al festitval presenta Wonder wheel, in Italia atteso per Capodanno, imperniato sulle vicende di quattro personaggi nella caotica vita del parco dei divertimenti di Coney Island negli anni 50: Ginny (Kate Winslet) è un’aspirante attrice che vive di rimpianti con il secondo marito che non ama, Humpty (Jim Belushi), e ha una relazione con il bagnino Mickey (Justin Timberlake). La finta serenità è spezzata dall’arrivo della giovane figlia di Humpty, Carolina (Juno Temple). Con la fotografia di Vittorio Storaro («Conoscendo la luce calda di Roma, sa creare come pochi altri reazioni emotive »), il film è prodotto da Amazon, che ha cancellato il tappeto rosso al festival dopo la sospensione del presidente Roy Price accusato di molestie sessuali.
Cosa pensa di questa storia?
«Sì, lo so, è un’epidemia. Ma Amazon è una delle compagnie più grandi al mondo, ha sostenuto i miei film e non ho nessuna relazione con nessuno di loro in particolare. È un universo enorme e molto complesso. Non so che dirle: mi hanno dato i soldi per il film e mi hanno lasciato in pace, non ho sentito né visto nessuno. Hanno messo i soldi in una busta, me l’hanno consegnata, io ho fatto il film, loro lo fanno uscire. Fine. Non posso proprio condannare nessuno ad Amazon e sarebbe molto sciocco farlo da parte mia».
Parlando di “Wonder wheel”, perché Coney Island?
«Quando ero bambino Coney Island era già in declino. Chiedevo sempre a mio padre di portarmici e lui lo faceva ma controvoglia, diceva che non era un bel posto. Ma prima che nascessi era un posto magnifico, una cosa unica, una leggenda di cui ascoltavo racconti come si trattasse davvero di un giardino delle meraviglie. Dall’Oceano vedevi le sue luci a miglia di distanza. Coney Island era New York ancora prima della statua della Libertà o dell’Empire State Building».
Certe atmosfere sembrano omaggiare “Un tram che sichiama desiderio”.
«No, non faccio mai omaggi. Ma tutto quello che ho scritto ha legami con Tennessee Williams, un’ispirazione per me. E con Eugene O’Neill».
Ancora tanti personaggi femminili: cosa la ispira a scrivere di donne?
«Tutti abbiamo un lato maschile e uno femminile, anche io. Ma quando recitavo nei miei film non riuscivo a scrivere bene i ruoli femminili. La mia relazione con Diane Keaton mi ha insegnato molte cose sull’universo femminile e mi ha aiutato a tirar fuori la mia componente femminile».
Una volta Diane Keaton, a una domanda su chi fosse stato il suo migliore amante, rispose lei.
«Beh, io ero pazzo di Diane, ero del tutto dedito a lei, fare l’amore con lei era una piacevole “fatica d’amore”. Lei è una che illumina la stanza, l’intero isolato, quando arriva. Ha una personalità scintillante, è stata e ancora è un’icona. Forse all’epoca il mio amore per lei mi ha reso attraente ai suoi occhi».
Chi è il boss a casa: lei o sua moglie Soon-Yi?
«Mia moglie. Ha una personalità dominante, è ipercompetente ed efficiente in tutto ciò che è gestione casa e figli, e io iperincompetente. Non riesco nemmeno a cambiare i canali della tv senza il suo aiuto. Mi dà la paghetta settimanale: 35 dollari. Mi bastano: tanto sono sempre a scrivere o a dirigere, e il catering è gratis. Ogni tanto scopro uno dei miei figli a sfilarmi qualche dollaro dai pantaloni e la cosa mi diverte. Però poi devo tornare da Soon-Yi a chiederle altri soldi e lei mi dice, “ma come, li hai già finiti?” ».
Quale crede sia l’idea più sbagliata sul suo conto?
«Probabilmente che sono un intellettuale. Solo perché ho gli occhiali, i capelli scompigliati e faccio film che perdono soldi. Una bellissima immagine, ma non sono io. Io sono quello con una birra davanti alla tv a guardare il basket o il football, non nello studio con un libro di un filosofo danese esistenzialista».
E poi?
«Che sono lavoro-dipendente: passo più tempo col clarinetto o con mia moglie. Scrivo un film in poche settimane e lo giro in un mese, mai di più. Passo svariati mesi senza lavorare per niente».