giovedì 12 ottobre 2017

Repubblica 12.10.17
Lo studio.
Il 74% dei domestici è straniero. E anche la maggioranza dei venditori ambulanti. Le professioni più qualificate, invece, restano appannaggio degli italiani L’ultimo rapporto della fondazione Leone Moressa sfata uno dei tanti luoghi comuni
Colf, pastori e manovali ecco perché i migranti non ci rubano il lavoro
di Vladimiro Polchi

ROMA. Antonij è macedone, ma da tempo fa il pastore sulle montagne abruzzesi. Delia è filippina, è arrivata in Italia 22 anni fa e da allora lavora come domestica a Roma. Dietro di loro si muove un esercito, quello dei lavoratori stranieri. Il loro fortino è protetto dalle mura di casa: tra i domestici gli immigrati sono infatti ben il 74%. Non solo. Tra i venditori ambulanti, gli stranieri superano gli italiani e il loro peso cresce di anno in anno anche tra pescatori, pastori e boscaioli (sono il 40%). E gli italiani? «Si sono spostati verso professioni più qualificate, liberando le fasce produttive più basse». Un esempio: nei campi i migranti fanno i braccianti, ma quasi il 90% degli agricoltori specializzati è italiano.
Che lavoro fanno dunque i padri e le madri degli oltre 800mila bambini in attesa dello ius soli? A rispondere è l’ultimo “Rapporto sull’economia dell’immigrazione”, a cura della Fondazione Leone Moressa, che sarà presentato il 18 ottobre a Roma. I numeri: dal 2008 al 2016 la presenza dei lavoratori stranieri si è fatta sempre più evidente, da 1,7 milioni si è passati a 2,4 milioni (+41%). Nello stesso periodo, il loro peso sul totale degli occupati è cresciuto dal 7,3% al 10,5%. Gli immigrati restano però occupati prevalentemente in lavori di media e bassa qualifica. Oltre un terzo degli stranieri (35,6%) esercita infatti professioni non qualificate, il 29,3% ricopre funzioni da operaio specializzato e solo il 6,7% è un professionista qualificato.
Quello che più salta agli occhi è la loro concentrazione in alcuni settori: in base agli ultimi dati della Moressa, il 74% dei collaboratori domestici è infatti straniero, così come il 56% delle badanti e il 51% dei venditori ambulanti. E ancora: il 39,8% dei pescatori, pastori e boscaioli è d’origine immigrata, così come il 30% dei manovali edili e braccianti agricoli. Gli stranieri restano invece esclusi dalle professioni più qualificate. «Un ambito particolarmente interessante per osservare le differenze – si legge nello studio – è quello dell’occupazione femminile. In Italia sono occupate 9,5 milioni di donne e di queste oltre 1 milione sono straniere. Tra le collaboratrici domestiche, le immigrate sono il 72%, tra le badanti il 58%. Le donne straniere non riescono invece ad accedere alle professioni più qualificate (insegnanti, procuratori, avvocati)».
L’analisi per settori aiuta a capire meglio. Nel commercio, oggi gli immigrati fanno i venditori ambulanti, mentre gli italiani gestiscono e pianificano le vendite, oppure occupano posizioni da commesso (dove superano abbondantemente il 90% del totale degli occupati). Nell’edilizia, i lavoratori stranieri sono 240mila, con un’incidenza del 17%, ma fanno professioni ben precise: sono il 30% degli operai edili e dei manovali, mentre sono loro quasi precluse professioni come ingegneri o architetti (dove gli italiani detengono il monopolio). E ancora: in agricoltura il 29% dei braccianti agricoli e il 39% dei pastori e pescatori è straniero. Gli agricoltori e gli operai specializzati sono invece nell’87% dei casi italiani. Quanto ai servizi alle persone, i migranti hanno il monopolio dei lavori domestici e dei servizi di cura, la loro presenza è invece irrilevante nei lavori di estetista.
Insomma, stando ai ricercatori della Fondazione Moressa, «la crescente scolarizzazione della popolazione italiana e la maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro ci hanno spinti verso professioni a più alta specializzazione. I dati Istat sul mercato del lavoro dimostrano che l’occupazione immigrata e quella autoctona in Italia sono parzialmente concorrenti e prevalentemente complementari».