giovedì 12 ottobre 2017

Repubblica 12.1017
La scelta di Bertocco, morto ieri in una clinica svizzera. Era paralizzato da quarant’anni Nel suo testamento un duro atto d’accusa: “Sono stanco, lo Stato mi ha lasciato solo”
Suicidio assistito, la resa di Loris “Non ho soldi per pagarmi le cure”
di Concita De Gregorio

NELLA notte fra martedì e mercoledì nella mail a cui i lettori inviano le loro storie per la rubrica Invece ho ricevuto un memoriale lungo dodici pagine firmato da Loris Bertocco, 59 anni, veneto, tra i fondatori dei Verdi italiani e attivista in materia di ambiente, pace, diritti dei disabili. Nelle ultime righe, dopo aver ripercorso le tappe della sua esistenza, Loris comunica la decisione di mettere fine alla sua vita. Cosa che ha fatto ieri mattina alle 11, in Svizzera.
Insieme alla sua lettera c’era una breve nota firmata da Gianfranco Bettin e Luana Zanella, esponenti storici dei Verdi e amici di Loris. Mi sono messa in contatto per capire se ci fosse ancora, ieri mattina, la possibilità di parlarne. Non c’era. Loris era già in clinica e aveva attivato le procedure, accompagnato da persone in quel momento irraggiungibili per telefono. Non c’è stato altro da fare che attendere: la notizia della sua morte è arrivata poco dopo. Ho letto e riletto — Loris in quei momenti ancora in vita — il suo lungo ultimo scritto che vi propongo qui sotto, in forma purtroppo molto sintetica. La scelta di Loris Bertocco non è la prima né sarà l’ultima. Per la prima volta però, mi pare, così chiaramente la persona che sceglie di morire indica nella sua situazione economica le ragioni della scelta.
Ha chiesto più volte un sostegno pubblico, non l’ha avuto nella misura necessaria alla sopravvivenza. Racconta bene la trafila, inutile, avviata con le istituzioni. Dice: se avessi avuto qualcuno che mi aiutava forse non avrei preso questa decisione, almeno non adesso. Racconta anche, in un’altra parte del memoriale, di aver avuto dal 1985 il sostegno degli obiettori di coscienza al servizio di leva «che mi sono stati continuativamente affidati dal Comune di Fiesso per quattro ore al pomeriggio dal lunedì al venerdì. Fino al 2005, anno in cui è stato eliminato il servizio di leva e di conseguenza anche il servizio sostitutivo alla leva».
Loris era stato vittima di un incidente stradale a 18 anni. Investito da un’auto in motorino. Era completamente paralizzato, e cieco. Questo non gli ha impedito per decenni di condurre trasmissioni culturali, politiche e musicali nelle radio libere del Veneto. Di fare attività attraverso i social network. Di candidarsi alle elezioni, nel suo Comune e in Regione. Di avere una vita sociale intensa, di sposarsi con Anamaria. Di vivere, insomma, e di affrontare quel che la vita ti mette di fronte: la morte e la malattia dei genitori, le disillusioni sul lavoro, la tua propria salute che scema, la separazione dalla moglie, la solidarietà degli amici.
Loris Bertocco descrive con minuzia il calvario della sua inabilità, la gioia del suo lavoro e del suo impegno, la desolazione di fronte alla sordità dell’istituzione pubblica che gli nega i mezzi sufficienti per un’assistenza che gli avrebbe consentito di continuare a vivere e che lui da solo non poteva, economicamente, permettersi. Conclude con un appello perché si faccia in Italia una legge sulla morte degna ma quel che resta scritto nell’anima, delle sue parole, è il passaggio in cui dice: «Se avessi avuto i mezzi per pagare qualcuno che si prendeva cura di me non avrei forse deciso in questo senso».
Delle molte ragioni che possono spingere alla morte, abile o fisicamente inabile che ciascuno di noi sia, quella di non avere abbastanza soldi per permettersi di vivere è forse la più difficile da ammettere. Da accettare. Che la scelta di Loris non sia vana, facciamo in modo tutti.