Repubblica 12.1017
La scelta di Bertocco, morto ieri in una
clinica svizzera. Era paralizzato da quarant’anni Nel suo testamento un
duro atto d’accusa: “Sono stanco, lo Stato mi ha lasciato solo”
Suicidio assistito, la resa di Loris “Non ho soldi per pagarmi le cure”
di Concita De Gregorio
NELLA
notte fra martedì e mercoledì nella mail a cui i lettori inviano le
loro storie per la rubrica Invece ho ricevuto un memoriale lungo dodici
pagine firmato da Loris Bertocco, 59 anni, veneto, tra i fondatori dei
Verdi italiani e attivista in materia di ambiente, pace, diritti dei
disabili. Nelle ultime righe, dopo aver ripercorso le tappe della sua
esistenza, Loris comunica la decisione di mettere fine alla sua vita.
Cosa che ha fatto ieri mattina alle 11, in Svizzera.
Insieme alla
sua lettera c’era una breve nota firmata da Gianfranco Bettin e Luana
Zanella, esponenti storici dei Verdi e amici di Loris. Mi sono messa in
contatto per capire se ci fosse ancora, ieri mattina, la possibilità di
parlarne. Non c’era. Loris era già in clinica e aveva attivato le
procedure, accompagnato da persone in quel momento irraggiungibili per
telefono. Non c’è stato altro da fare che attendere: la notizia della
sua morte è arrivata poco dopo. Ho letto e riletto — Loris in quei
momenti ancora in vita — il suo lungo ultimo scritto che vi propongo qui
sotto, in forma purtroppo molto sintetica. La scelta di Loris Bertocco
non è la prima né sarà l’ultima. Per la prima volta però, mi pare, così
chiaramente la persona che sceglie di morire indica nella sua situazione
economica le ragioni della scelta.
Ha chiesto più volte un
sostegno pubblico, non l’ha avuto nella misura necessaria alla
sopravvivenza. Racconta bene la trafila, inutile, avviata con le
istituzioni. Dice: se avessi avuto qualcuno che mi aiutava forse non
avrei preso questa decisione, almeno non adesso. Racconta anche, in
un’altra parte del memoriale, di aver avuto dal 1985 il sostegno degli
obiettori di coscienza al servizio di leva «che mi sono stati
continuativamente affidati dal Comune di Fiesso per quattro ore al
pomeriggio dal lunedì al venerdì. Fino al 2005, anno in cui è stato
eliminato il servizio di leva e di conseguenza anche il servizio
sostitutivo alla leva».
Loris era stato vittima di un incidente
stradale a 18 anni. Investito da un’auto in motorino. Era completamente
paralizzato, e cieco. Questo non gli ha impedito per decenni di condurre
trasmissioni culturali, politiche e musicali nelle radio libere del
Veneto. Di fare attività attraverso i social network. Di candidarsi alle
elezioni, nel suo Comune e in Regione. Di avere una vita sociale
intensa, di sposarsi con Anamaria. Di vivere, insomma, e di affrontare
quel che la vita ti mette di fronte: la morte e la malattia dei
genitori, le disillusioni sul lavoro, la tua propria salute che scema,
la separazione dalla moglie, la solidarietà degli amici.
Loris
Bertocco descrive con minuzia il calvario della sua inabilità, la gioia
del suo lavoro e del suo impegno, la desolazione di fronte alla sordità
dell’istituzione pubblica che gli nega i mezzi sufficienti per
un’assistenza che gli avrebbe consentito di continuare a vivere e che
lui da solo non poteva, economicamente, permettersi. Conclude con un
appello perché si faccia in Italia una legge sulla morte degna ma quel
che resta scritto nell’anima, delle sue parole, è il passaggio in cui
dice: «Se avessi avuto i mezzi per pagare qualcuno che si prendeva cura
di me non avrei forse deciso in questo senso».
Delle molte ragioni
che possono spingere alla morte, abile o fisicamente inabile che
ciascuno di noi sia, quella di non avere abbastanza soldi per
permettersi di vivere è forse la più difficile da ammettere. Da
accettare. Che la scelta di Loris non sia vana, facciamo in modo tutti.