Repubblica 11.10.17
Perché è l’amore la più alta forma del pensiero
L’Io
e l’Ego, il Bene e il Male, la cooperazione tra gli uomini e l’odio
anticipiamo un brano del nuovo saggio del teologo Vito Mancuso
di Vito Mancuso
Analizzando
più da vicino il pensiero in quanto vertice del processo cognitivo,
occorre dire che vi sono due disposizioni fondamentali del pensare:
quella volta alla costruzione, la cosiddetta pars construens, e quella
volta alla distruzione, la cosiddetta pars destruens. (...) La
dimensione costruttiva del pensiero è rappresentata dal logos che vuole
logica e che produce saggezza e sapienza. Il pensiero come logos-logica
si esercita mediante verbi quali osservare, ponderare, considerare,
riconsiderare, analizzare, riflettere, meditare. A volte il pensiero
come logos diviene sorgivo, come ispirato, e in questi rari momenti
riproduce la logica della creazione, genera creatività; i verbi che in
questo caso lo rappresentano sono intuire, ideare, scoprire, creare. La
dimensione distruttiva del pensiero è rappresentata dal caos che vuole
scompaginare la logica e che in questo saggio, evocando Erasmo da
Rotterdam, io denomino follia, ma che più propriamente si dovrebbe
denominare critica. Tale forma di pensiero si esplica mediante verbi
quali criticare, disapprovare, investigare, attaccare, contestare,
stigmatizzare, stroncare, demolire. (...) Esiste la possibilità di
orientare il desiderio dell’Io senza identificarlo con la voracità
dell’Ego? È possibile desiderare senza bramare? Esiste la possibilità di
non obbedire a nulla di esteriore e al contempo però di essere in grado
di dire di sì alle esigenze della giustizia anche quando ci risultano
scomode, per non dire sconvenienti? (...) Nel cercare di camminare lungo
il sottile crinale a cui rimandano le domande appena poste, intravedo
una dimensione della vita della mente, e conseguentemente dell’esistere,
di cui la tradizione parla in termini di
idea e che io intendo presentare mediante l’immagine simbolica dell’amore celeste.
Ci
sono gli amori terreni e di questi non c’è bisogno che dica nulla, ma
ci sono anche gli amori celesti ed è di questi che desidero parlare.
Chiarisco anzitutto che con questa strana espressione intendo le idee (o
gli ideali) nella loro capacità di esercitare forza. Per amori celesti
intendo le idee in quanto forze non materiali che producono in noi
un’intensa attrazione, non priva peraltro di sfumature erotiche perché
non di rado eccita, inebria, conquista, seduce. Come la chiamate voi la
vostra interiorità, quella specie di territorio misterioso che vi fa
essere quello che siete al di là dell’aspetto e dell’agire esteriore e
che costituisce la vostra vera personalità? La chiamate psiche? Mente?
Io? Ego? Sé? Ipseità? Identità? Coscienza? Anima? Spirito? Ognuno la
chiami come vuole o meglio come gli consente la sua formazione, io vi
dico solo che mediante il simbolo dell’amore celeste intendo rimandare a
una forza reale, non materiale, dotata di grande attrazione, esterna
alla mente ordinaria, che richiama, scalda, indirizza l’interiorità
umana, e che costruisce propriamente il pensiero perché dispone secondo
un certo ordine architettonico i concetti che provengono dalla
elaborazione dei dati sensibili. L’idea- guida è paragonabile al
direttore d’orchestra che sa armonizzare i diversi musicisti; la sua
assenza produce quella confusione mentale e comportamentale descritta
così bene da Federico Fellini nel film Prova d’orchestra.
E parlo
di amore, perché l’amore è la forza più potente che c’è. Immagino che
molti non siano d’accordo con questa mia affermazione e non faccio
fatica a comprenderne il motivo, vista la presenza devastante del male.
Tuttavia
io sono convinto che, nonostante la loro grande forza, il male e l’odio
siano meno forti del bene e dell’amore, perché solo il bene e l’amore
sono capaci di costruire, di dare energia positiva, di infondere vita e
di durare. Non sottovaluto la forza dell’odio, ma sostengo che si tratta
di una forza seconda, che può solo distruggere, mai costruire e che per
esistere ha bisogno di indirizzarsi contro la forza primigenia e
fondamentale dell’amore, l’unica che sappia costruire ed edificare.
L’odio c’è, agisce, a volte vince, ma è comunque sempre secondario,
parassitario, si regge sul lavoro altrui in quanto intende negarlo;
l’amore invece è primario, creativo, non ha bisogno di nulla per
esserci, nasce da sé. La differenza tra la forza dell’amore e quella
dell’odio è analoga a quella tra un bambino che costruisce castelli di
sabbia e un bambino invidioso che glieli sa solo distruggere: il primo
esiste e lavora per sé, il secondo ha senso in funzione dell’altro.
A
proposito di lavoro, è noto che secondo la fisica la materia non è
altro che energia solidificata, quindi tutto quello che vediamo e
tocchiamo è risolvibile nell’energia. Energia viene dal greco energheia,
termine formato dalla preposizione en, che significa «in», e dal
sostantivo ergon, che significa «atto, opera, lavoro »: quindi energia
etimologicamente significa «in atto», «all’opera», «al lavoro». E se
tutto è energia, tutto lavora.
Ora però si faccia attenzione a quanto afferma Marco Aurelio:
gegonamen pros synergian,
espressione
di solito tradotta con «Siamo nati per la collaborazione », ma che in
questo contesto è più incisiva nel suo senso letterale: «Siamo nati per
la sinergia ». Il senso della vita umana in quanto umana non è
semplicemente lavorare e produrre en- ergia, ma nella sua peculiarità
consiste nel suscitare una più raffinata energia capace di legami
reciproci fino al vertice dell’amore, e che per questo si chiama sin-
ergia.
Il cristianesimo non dice una cosa diversa parlando di
«amore del prossimo». Tale logica sinergica è così radicata in noi che
quando la possiamo vivere in pienezza nell’amore concretamente
corrisposto la vita fiorisce e sorride, e non c’è nulla di più compiuto e
di più gioioso.
IL LIBRO Anticipiamo un brano dal nuovo libro di
Vito Mancuso in uscita domani, Il bisogno di pensare (Garzanti pagg.
188, euro 16) Nella foto Antonio Canova, Amore e Psiche