domenica 8 ottobre 2017

pagina 99 6.10.2017
Anche la mamma chioccia vuole avere un figlio tigre
Istruzione | Siamo stati nella scuola italo cinese di Padova, il primo esperimento in Europa. «Ai ragazzi serve disciplina», spiega la preside. E le famiglie approvano: «Qui studiano i bambini che ce la faranno»
di Cecilia Attanasio Ghezzi

PADOVA. Coltivare la virtù, conoscere la ragione, propensione al pensiero e eleganza nel portamento. Otto giganteschi caratteri cinesi dorati per quattro motti ci accolgono nella prima scuola paritaria italo-cinese, un esperimento che è unico in Europa. Siamo a Padova, in una strada su cui affacciano solo villette bifamiliari, a circa un chilometro a nord della stazione. Niente macchine in doppia fila, biciclette e motorini parcheggiati sui marciapiedi o vociare indistinto. Quando citofoniamo, ci viene incontro il vicepreside Wang Fushen. Capello corto e brizzolato, in completo scuro, Wang ha sessant’anni di cui trenta passati in Italia. Ci fa strada attraverso corridoi silenziosi e ci porta in aula magna. Sulle pareti, foto istituzionali, targhe e articoli di giornale ripercorrono la storia della scuola. Sono talmente agiografiche che pare veramente d’essere in Cina. 
• Da studente a preside 
Dopo averci fatto da cicerone tra i cimeli, Wang ci fa accomodare e ci raccontala storia di questa scuola che si intreccia con quella della sua vita e, soprattutto, della sua personalissima esperienza in Italia. Era venuto a Padova per fare un dottorato ma poi non se ne è più andato. È stata sua moglie a raggiungerlo, e a cominciare a insegnare la lingua cinese ai bambini dei migranti. Qualche ora di dopo scuola perché non perdessero quel prezioso legame con la loro terra, perché imparassero a scrivere o perché si emancipassero dai dialetti locali parlati in famiglia. Da allora non hai mai smesso di insegnare. Poi, grazie ad alcuni importanti investimenti di imprenditori cinesi, la ristrutturazione dello stabile in cui ci troviamo e infine, nel 2013, l’apertura della scuola. Il primo anno funzionava solo da nido e aveva appena 33 bambini, il secondo anno si è aggiunta la scuola elementare e i bambini sono diventati 52 e il terzo anno la scuola media: 70 bambini di cui sei italiani. Oggi, al quinto anno di attività, ci sono cento bambini di cui una trentina italiani. Nel frattempo la scuola è diventata paritaria. Si finanzia quasi interamente con le rette (tra i 3mila e i 5mila euro, più la mensa e – a richiesta – l’alloggio). Ci sono poi i sussidi del ministero dell’Istruzione che dipendono dalle classi attivate e una decina di migliaia di euro che ogni anno arrivano dal Qiaoban, l’ufficio per gli affari dei cinesi d’oltremare che fa capo al governo di Pechino. 
• Ordine e disciplina 

La scuola comunque è in salute e le richieste d’iscrizione continuano a salire, soprattutto tra le famiglie italiane. «C’è chi la sceglie perché il cinese è la lingua del futuro, chi per il metodo cinese di apprendimento della matematica e chi per la disciplina». Disciplina? «Sì, ne hanno bisogno soprattutto i bambini italiani. Qui non si corre, ci si siede composti e non sono ammessi i cellulari. Insegniamo a salutare insegnati e genitori con un accenno di inchino, a preparare l’occorrente per la scuola in anticipo e a tenere in ordine i quaderni e la scuola». Una filosofia che ci conferma sua moglie, Li Xuemei, 59 anni e orgogliosa dirigente scolastico. Nel suo ufficio è un continuo avanti e indietro, telefonate in cinese e dipendenti che passano a salutare. «L’idea è quella di offrire un percorso formativo che unisca il meglio delle due culture. Gli alunni seguono i due programmi ministeriali, quello italiano e quello cinese. I testi scolastici sono quelli suggeriti dai due governi. Qui si entra alle 8:45 e si esce alle 16:10. Chi vuole può rimanere fino alle 18:10 per potenziare le materie in cui i singoli studenti sono deboli». Non sono troppe ore? «Eh, per voi non è facile. Le più grandi lamentele le riceviamo dalle mamme italiane proprio su questo tema. Non vogliono che i bambini portino i compiti da fare a casa e in genere vengono a prendere i figli un po’ prima della fine dell’orario scolastico. Ma rispetto alla vostra scuola, oltre al cinese c’è tanto inglese, con insegnanti madrelingua, potenziamento linguistico, più sport e la matematica insegnata come da noi: tanto calcolo mnemonico per abituarsi a far di conto velocemente»