lunedì 30 ottobre 2017

pagina 99 28.10.2017
la Cina vuole dominare l’intelligenza artificiale
Se lo sviluppo dell’intelligenza artificiale (IA) è la nuova corsa agli armamenti, allora non c’è dubbio: l’obiettivo della Cina è diventare la superpotenza incontrastata di questa industria. Mentre il presidente Trump annuncia tagli del 10,7% ai fondi della National Science Foundation (Nsf), l’agenzia pubblica americana che finanzia la ricerca, Pechino promette che «utilizzerà in maniera energica i capitali governativi e privati». Sia le aziende tech Usa che quelle cinesi stanno investendo uomini e risorse nell’intelligenza artificiale, mai progetti di Pechino –un’industria da150miliardi di dollari entro il 2030 – evidenziano il suo desiderio di primazia nei confronti degli americani. Se è vero che in passato la politica industriale della Cina ha fallito– non è riuscita a creare dei campioni globali né nell’industria dell’auto, né in quella dei semiconduttori –nell’intelligenza artificiale nessuno ne mette in dubbio l’efficacia e la capacità di adattare la tecnologia agli scopi più diversi, dall’individuazione di target pubblicitari mirati a una partita a Go, fino agli usi militari. E, per la prima volta, lo scorso anno il numero di pubblicazioni scientifiche cinesi sull’IA ha superato (4.724contro3.932, la qualità lascia ancora a desiderare) quelle dell’Europa a 28. La data del 2030, spiega alFinancial Times Kai-Fu Lee, ex ricercatore di Microsoft e Google che ha aperto a Pechino Sinovation Ventures, è pessimistica: in realtà l’obiettivo sarà centrato prima, data la vastità del mercato (la popolazionecinese online è il doppio di quella americana), la quantità di dati a disposizione (la tecnologia mobile è molto più diffusa che negli Usa), il numero di talenti e addetti alla scrittura di nuove linee di codice di IA. Soprattuttola vasta quantità di dati –la linfa vitale di quest’industria, dall’e-commerce alle auto senza pilota –potrebbe risultare determinante, da un lato perché consente lo sviluppo di nuove linee di prodotto, dall’altro perché disponibile a buon mercato, vista l’inesistenza di leggi a tutela della privacy in Cina e la possibilità per aziende come Baidu, Alibaba e Tencent di conoscere nei dettagli, fin dalla nascita, tutto di ogni individuo (cosa compra, dove viaggia con chi chatta). Dati che finiscono dritti negli archivi elettronici dello Stato, il grande timoniere dell’industria dell’intelligenza artificiale cinese che, dopo aver finanziato per anni istituti di ricerca e università, ha iniziato a foraggiare anche le aziende private. Con ricadute anche militari: l’Esercito popolare di liberazione sta facendo leva proprio sui progressi nel settore privato per accelerare lo sviluppo di nuovi armamenti basati sull’intelligenza artificiale.