pagina 99 13.10.2017
Gli ultimi socialisti ai confini del Continente
Portogallo
| Alle politiche del 2015 invece della “grande coalizione” , il Ps ha
scelto la sinistra radicale. Un azzardo premiato alle ultime elezioni
di Goffredo Adinolfi
LISBONA.
Guardando al panorama europeo – Francia, Germania e Olanda, tanto per
citare tre esempi – quello del socialismo portoghese rappresenta
un’eccezione a un processo di crisi che appare sotto molti aspetti
irreversibile. Lo scorso primo ottobre alle elezioni amministrative il
Partido Socialista (Ps) ottiene il suo risultato migliore di sempre. Ma
non solo, perché c’è un altro primato che merita di essere sottolineato:
non era mai successo che, a elezioni di medio termine, un partito di
governo non subisse contraccolpi negativi in termini di consenso.
Eppure, con la drammatica fine del mandato di José Socrates (socialista)
nell’aprile del 2011, a cui segue la dichiarazione di insolvenza, la
richiesta di un piano di assistenza finanziaria a Fondo monetario
internazionale, Banca centrale europea e Unione europea, e la vittoria
delle destre (Partido Social Democrata – Psd e Centro Democrático Social
/ Partido Popular – Cds/PP - luglio 2015), pochi avrebbero scommesso su
di una riscossa delle dimensioni che sta assumendo in questi ultimi
mesi.
• Fuga per la vittoria
La cosa è stata tutto fuorché
lineare, anzi. Il neo-eletto segretario Ps António José Seguro (luglio
2011), ottiene alle elezioni europee (2014) una vittoria di stretta
misura. Dopo tre anni di consistenti tagli alla spesa pubblica e un
intensissimo ciclo di protesta ci si sarebbe aspettati risultati molto
più favorevoli. Davvero un brutto segnale tanto più a un anno
dall’atteso appuntamento per il rinnovo dell’Assembleia da Republica
(2015). António Costa, allora sindaco di Lisbona, è scelto dai militanti
come sostituto a Seguro (novembre 2014). Ancora una volta però
all’orizzonte non si intravede un’inversione di ciclo, anzi, è vero il
contrario, e cioè la coalizione di centro-destra Portugal à Frente (PàF)
guidata dal Primo ministro Pedro Passos Coelho ricomincia a crescere
nei sondaggi fino ad imporsi con il 38% dei voti, distanziando i
socialisti di 6 punti (legge elettorale proporzionale con correzione
D’Hont). L’effetto Costa non c’è stato e dopotutto l’ex sindaco della
capitale di promesse ne ha fatte poche. Soprattutto non ha chiarito in
modo inequivocabile se e in che modo era intenzionato a rompere con la
linea economica del precedente governo. Va detto che nell’ambito del
socialismo europeo quello lusitano ha sempre rappresentato l’ala più
moderata da qui anche le ridotte aspettative da parte dell’opinione
pubblica. Preso atto del responso delle urne il Capo dello stato Aníbal
Cavaco Silva conferma Passos Coelho e spinge per un accordo di grande
coalizione tra Ps e PàF. Questo nonostante in parlamento le forze
progressiste fossero maggioritarie: il Bloco de Esquerda (Be) ottiene il
10% e il Partido Comunista Português l’8%. Però no, un’alleanza in cui
la sinistra radicale possa entrare nell’area di governo preoccupa. Gli
equilibri di bilancio, l’Europa, il rispetto dei trattati monetari, sono
tutti elementi rispetto ai quali Be e Pcp non hanno mai fatto mistero
di essere contrari. Sono giorni complessi, Passos Coelho è sfiduciato
dall’Assembleia da Republica, l’accordo Ps-Be, da un lato, e Ps-Pcp
dall’altro si trova e Cavaco Silva è così costretto a cedere e a
nominare António Costa primo ministro.
• Il rivoluzionario patto a sinistra
Per
capire quanto sia stato rivoluzionario il patto tra i partiti della
sinistra occorre tenere presente il fatto che era dal consolidamento
della democrazia nel 1976 che i partiti erano divisi in due categorie
molto rigide: da un lato quelli che compongono l’arco di governo, Ps,
Psd e Cds/Pp e dall’altra Be (nato nel 1999), e Pcp. Come spiega il
politologo André Freire al settimanale Sol il 14 febbraio scorso: «Se è
vero che c’è stato un effetto sorpresa dopo le elezioni dell’ottobre
2015, è anche vero che António Costa aveva dato segnali di volere
desacralizzare l’idea dei partiti dell’arco di governo e di volere
contare con altri alleati al di là di quelli tradizionali». Alcuni
numeri possono rendere l’idea della dimensione del successo. L’ultimo
barometro politico (Aximage, settembre 2017) attribuisce al Ps il 43%
delle intenzioni di voto. La coalizione Psd-Cds/Pp al 28% e Be e Pcp,
pur leggermente in calo rispetto alle politiche dell’ottobre 2015,
rispettivamente al 9% e all’8%. Globalmente quindi la maggioranza che
appoggia il governo ha una crescita di consenso di più del 10%. Certo,
l’alleanza ha beneficiato in termini elettorali solamente il Ps, ma i
vantaggi per il Pcp e Be in termini di prestigio sono comunque molto
significativi. A giocare un ruolo decisivo è la figura di Costa che,
dopo due anni come primo ministro, gode di una fiducia del 65% della
popolazione.
• I motivi del successo
Vari i motivi alla
base del successo dei socialisti. Intanto l’alleanza a sinistra mostra
in modo netto come nel paese ci sia un’alternanza non appena rituale. In
questo senso ne hanno giovato anche le istituzioni democratiche. I dati
raccolti dall’Eurobarometro mostrano come tra il 2015 il 2016 la
fiducia sia salita dall’11 al 16%nei confronti dei partiti, dal 18 al
36% per il parlamento e dal 15 al 39% per il governo. In secondo luogo
il programma e le misure fino a qui approvate, nulla di molto
rivoluzionario certo, ma quel tanto che basta a tradurre in modo
concreto un’inversione di tendenza. Il potere di acquisto dei ceti medi e
deboli è stato rafforzato attraverso un aumento del salario minimo,
defiscalizzazioni e, in modo indiretto, dal rafforzamento dello stato
sociale. Ad aiutare la crescita economica, consistente, che porta a una
riduzione della disoccupazione, aumento delle ricette fiscali e quindi
della possibilità di spendere pur mantenendo il deficit a livelli
straordinariamente bassi (anche qui i risultati sono storici). In
conclusione il partito socialista di oggi non è poi molto differente da
quello del 2011, se non nella capacità mostrata da António Costa di
grande pragmatismo e capacità aggregativa, cosa che era mancata al suo
predecessore Socrates, non è poco certo se solo pensiamo che nella
legislatura passata in Germania le forze progressiste al Bundenstag
erano maggioritarie. C’è tuttavia un paradosso, che è alla base del
grande consenso che oggi sta vivendo il Ps: il non avere vinto le
elezioni del 2015 ha obbligato a un’alleanza che ha spostato il
baricentro dell’azione governativa molto più a sinistra di quello che è
l’asse tradizionale. Se Costa fosse riuscito a ottenere la maggioranza
assoluta e avesse quindi attuato il programma originale con ogni
probabilità, non avrebbe riscosso lo stesso entusiasmo di quello che si
sta attuando da due anni a questa parte.