lunedì 16 ottobre 2017

pagina 99 13.10.2017
Bambole cinesi da matrimonio


Studentesse, wonder woman e donne di ogni nazionalità e estrazione sociale. Nell’ultimo quinquennio il mercato cinese delle bambole di silicone è raddoppiato ogni anno. Addirittura lo ha fatto proprio la sharing economy che, con la app Taqu, si è conquistata una discreta notorietà affittando bambole di dimensioni naturali per 45 dollari al giorno. La app è durata solo un paio di giorni. Il governo ha considerato il business fuori luogo e così l’azienda si è trovata costretta «a interrompere temporaneamente il servizio di ragazza in condivisione». Ciò non toglie che la Repubblica popolare sia già uno dei mercati più fiorenti dei sex toys. Qui viene prodotto il 70% di un mercato che nel 2015 superava i 15 miliardi di dollari. Le statistiche sul consumo non sono disponibili ma i “negozi per adulti” sono estremamente diffusi. E il 65 per cento dei sex toys venduti online ha un pubblico prettamente maschile con un’età compresa tra i 18 e i 29 anni. Un dato che ha fatto riflettere Mei Fong, premio Pulizer 2007 e autrice del recente One Child: The Story of China’s Most Radical Experiment. La giornalista ha provato a legare il fenomeno al risultato di oltre trent’anni di pianificazione famigliare che ha creato uno squilibrio unico al mondo tra maschi e femmine: nel 2030 ci saranno 30 milioni di uomini in età di matrimonio che non avranno possibilità di trovarsi una donna. Una situazione che ha già portato alcuni a teorizzare il ritorno a una società in cui una donna potrà scegliere di sposare più uomini. Ma al di là delle teorie più estreme, questa situazione ha portato gli scapoli cinesi ad avere un basso livello di autostima favorendo un atteggiamento passivo-aggressivo e il ritorno dell’ideale della donna sottomessa. Un contesto emotivo che vorrebbe la donna trasformata in oggetto. E allora, cosa c’è di meglio di una bambola di silicone? (cag)