mercoledì 25 ottobre 2017

La Stampa TuttoScienze 25.10.17
Il Nobel Capecchi
DNA Samo pronti a stupire anche la natura
“Sarà la genetica a salvare 10 miliardi di esseri umani”
intervista di Mario Cambiaghi

«Usare la terapia genica in un adulto, come un farmaco, diventerà una cosa normale». È sicuro quando pronuncia queste parole Mario Capecchi. Dopotutto, lui è uno dei padri dell’ingegneria genetica.
Italiano di nascita, con un passato difficile che lo porterà giovanissimo in America: «Mi aspettavo di trovare pavimenti d’oro. Non c’erano, ma ho trovato qualcosa di più importante: le opportunità». Quelle opportunità gli hanno permesso di vincere il Premio Nobel per la medicina nel 2007 «per le sue scoperte dei principi con cui introdurre specifiche modificazioni nei geni del topo tramite cellule staminali embrionali». Grazie a queste tecniche di «gene targeting», sviluppate dagli Anni 80, oggi è possibile capire le specifiche funzioni di un gene all’interno di organismi complessi e la generazione di molti modelli preclinici di patologie.
Capecchi, che ha da poco compiuto 80 anni, è professore di genetica e biologia alla University of Utah, a Salt Lake City, ed è intervenuto al festival BergamoScienza per una conferenza dal titolo evocativo: «Riscrivere le istruzioni della natura».
Professore, perché dobbiamo spingerci a riscrivere le istruzioni delle natura?
«Ci stiamo occupando di problemi che rappresentano il nostro futuro più prossimo. Oggi sulla Terra siamo oltre 7 miliardi di individui e le stime dicono che nel 2050 saremo quasi 10 miliardi. I consumi di cui siamo responsabili non si possono basare sulle tecnologie del passato. Le nuove tecnologie, invece, ci permetteranno interventi più mirati».
Può fare un esempio concreto?
«La più interessante, oggi, è Crispr/Cas9: si tratta di “forbici molecolari” che hanno reso più economico e immediato il “gene targeting”. Le applicazioni sono molteplici, visto che nella stessa cellula si potranno fare varie modificazioni. Penso alla resistenza alle malattie negli animali o nelle piante».
Qual è l’obiettivo delle ricerche in corso nel suo laboratorio?
«Abbiamo tre linee su cui lavoriamo. Una è lo sviluppo di nuove tecnologie per interrogare i geni, un’altra è mirata a capire la funzione genica nei tumori nei bambini e la terza sono i disturbi neuropsichiatrici con lo sviluppo di modelli murini di malattie come la schizofrenia e il disturbo ossessivo compulsivo».
Usate il topo come modello?
«Sì, è il più facile ed economico da usare, ma cerchiamo di aumentare il numero di specie su cui lavorare».
Fino ad arrivare all’uomo?
«Sì, ma è un argomento che va discusso bene, per le molte implicazioni etiche che comporta. Dobbiamo essere trasparenti: ogni cosa in biologia è una questione etica».