domenica 8 ottobre 2017

La Stampa 8.10.17
Joschka Fischer
“Se la Spagna va a pezzi l’Europa non regge”
L’ex ministro tedesco: Merkel e Macron guideranno la Ue “La Russia è una distrazione, la vera sfida è con la Cina”

«Le cause non sono europee ma le conseguenze lo sarebbero. È decisivo, per il futuro dell’Unione, che uno dei suoi membri essenziali, la Spagna, non vada a pezzi. Va trovata una soluzione nell’ambito della Costituzione; e sono gli spagnoli a doverlo fare. La sfida è però più generale: se prevalessero tendenze secessioniste, oggi in Catalogna domani altrove, l’Europa non reggerebbe».

Joschka Fischer, storico esponente dei Verdi tedeschi, è in buona forma. Al foro Aspen di Lugano, organizzato dall’ex segretario di stato Madeleine Albright, sostiene senza esitazioni che dopo le elezioni francesi e quelle tedesche l’Europa può farcela. La Brexit non ha generato un effetto domino: «Non ho buoni presentimenti su un accordo - dice - ma l’uscita di Londra non segnerà l’inizio della disgregazione europea». La Catalogna è a un punto critico, ma la razionalità dovrebbe prevalere: un accordo rafforzato di autonomia, con i suoi aspetti fiscali, è possibile. In Germania, il vecchio sistema politico ha subito una scossa: la fine della grande coalizione segna di fatto l’inizio del dopo Merkel. Ma l’accordo con Liberali e Verdi è più che probabile; la destra nazionalista di AfD, per la prima volta al Bundestag, avrà un peso secondario.
«Sono abbastanza ottimista - afferma sorridendo Fischer - sul futuro della Germania. Il 13% ad Alternative für Deutschland è deprimente ma fisiologico, e non peserà granché. Angela Merkel, seppure alquanto indebolita, guiderà l’Europa insieme a Macron nei prossimi anni. Dovremo farlo, l’America non lo farà più al nostro posto. E vista la rapidità della storia, non abbiamo più tempo da perdere».
In una pausa del Convegno Aspen, Fischer spiega che i veri problemi, per Angela Merkel, verranno dalla Csu, il partito bavarese: «La mia previsione è che Liberali e Verdi siano pronti ad entrare al governo. Chi è difficile da gestire è la Csu, che ha preso una brutta botta elettorale. La Baviera ha una storia politica particolare, mantenere la maggioranza assoluta è per la Csu - le elezioni statali saranno nel 2018 - una questione vitale. Per il resto, la Germania sa benissimo che l’alternativa a una coalizione con Verdi e Liberali sarebbe una fase di caos e instabilità, che favorirebbe solo Alternative für Deutschland. La classe politica tedesca non vuole correre questo rischio».
Ci si può chiedere, tuttavia, se questa nuova Germania sarà più ripiegata su se stessa o giocherà la carta delle riforme europee con Macron. Le posizioni di partenza dei Liberali sembrano abbastanza rigide, in realtà: «I tedeschi - risponde scherzoso Fischer - sono comunque tedeschi, nel senso che restano testardamente ancorati alla loro cultura economica, fiscalmente conservatrice. Io non sono d’accordo, ma è la realtà. Guardando al dibattito sull’Eurozona, tuttavia, la questione decisiva non sono i soldi. La questione vera è la fiducia o meglio la sua mancanza. Solo ricostruendo un certo grado di fiducia fra Nord e Sud, le riforme saranno possibili: più flessibilità e solidarietà da parte del Nord in cambio di riforme strutturali e di rispetto delle regole da parte del Sud. Depurata dalla retorica elettorale, la visione di Christian Lindner, il leader dei Liberali, non è poi così distante da quella di Macron. Sono convinto che Germania e Francia siano pronte ad accordi pragmatici, per esempio sull’Unione bancaria. Il futuro sarà comunque basato su un’Unione a due velocità: purtroppo, potrei aggiungere. Ma è l’unico assetto possibile. E l’Italia deve farne parte. Parlando di Italia, mi preoccupa la mancanza di una politica europea in materia di immigrazione. Ho sempre difeso e continuo a difendere lo sforzo straordinario fatto dal vostro Paese. Il sistema di Dublino è ormai morto nei fatti: ne va preso atto sul piano europeo».
Ma questa Europa ancora alle prese con se stessa e con le proprie successive crisi interne, riuscirà mai a diventare un attore globale? Macron, nel suo discorso alla Sorbona, ha parlato di un’Europa «sovrana», capace di difendere i propri interessi e valori nel mondo. È una ipotesi realistica? «Trump, che lo vogliamo o no, ha aperto un nuovo capitolo della storia atlantica. È abbastanza triste - osserva Fischer - che ci sia voluto Trump per spingerci a fare quello che avremmo dovuto fare comunque. L’elettorato americano non è più disposto a sostenere i costi della difesa europea. Dobbiamo cavarcela almeno in parte da soli. In un discorso che trovo molto giusto, Macron ha definito le condizioni perché l’Europa riesca a competere nel mondo globale. Gli equilibri stanno cambiando molto rapidamente. La Russia è in realtà una specie di grande distrazione; è troppo debole, economicamente, per essere la vera sfida del futuro. La sfida del 21° secolo sarà la Cina, con la sua proiezione euro-asiatica».
Un nuovo assetto dell’Atlantico, con un’America più distaccata e un’Europa più responsabile di se stessa, anche nella difesa. E dall’altra parte l’ Eurasia, con una Cina che si proietta da Est verso l’Africa e il Mediterraneo. Nel grande gioco disegnato al Forum di Aspen, l’Unione degli Stati europei non è una scelta ma una necessità geopolitica. «Per l’Europa - conclude Fischer salutandomi - è il momento della scelta vera: la scelta di esistere. Oggi o mai più».