domenica 8 ottobre 2017

Il Fatto 8.10,17
“Il carabiniere violento mi disse: siamo protetti”
Massa, la denuncia di un testimone. Il ruolo degli ufficiali e le “soffiate”
“Il carabiniere violento mi disse: siamo protetti”
di Ferruccio Sansa

“Non ho paura dei capi. Il mio superiore mi ha assicurato che posso stare tranquillo’, il carabiniere violento mi disse proprio così”. È il racconto di uno dei testimoni nell’inchiesta sulle violenze che sarebbero state commesse dai carabinieri di Aulla. Insomma, i militari della caserma della Lunigiana – accusati di aver minacciato, insultato, picchiato e sottoposto a violenze sessuali degli immigrati – ritenevano di avere le spalle coperte dai superiori. I pm Alessia Iacopini, Marco Mansi e il procuratore di Massa Aldo Giubilaro che hanno in mano l’inchiesta forse all’inizio hanno creduto che quella frase potesse essere una millanteria. Ma poi hanno cambiato idea, si sono convinti che qualcuno all’interno dell’Arma forse davvero copriva i colleghi indagati. Ecco allora lo sviluppo clamoroso dell’inchiesta che a giugno aveva portato a indagare 23 carabinieri (otto con misure cautelari): oggi gli indagati sono addirittura 37, con intere caserme, come quella di Aulla, azzerate. E altre, come quella di Pontremoli e Licciana, pesantemente toccate. A leggere le 44 pagine dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari non emerge il ritratto di qualche mela marcia, ma di un sistema che toccherebbe almeno le caserme della Val di Magra. Un impianto accusatorio che finora ha retto: uno degli 8 carabinieri sottoposti a misure cautelari ha fatto ricorso al Tribunale del Riesame che l’ha respinto ed è tuttora in carcere (si attende la Cassazione). Il Tar deve ancora pronunciarsi sulla sospensione dal servizio degli otto militari.
L’ultima novità è l’iscrizione tra gli indagati di Valerio Liberatori, tenente colonnello e comandante provinciale dei carabinieri di Massa (recentemente trasferito). Non è l’unico indagato per favoreggiamento: c’è anche il comandante della stazione di Pontremoli, Saverio Cappelluti. Scrivono i pm: “In particolare il Liberatori dava ordine al Cappelluti, o comunque assumeva insieme con quest’ultimo la decisione orale, di imporre al comandante della stazione di Aulla di predisporre servizi di pattuglia in cui ad Alessandro Fiorentino (tra i principali indagati) fosse impedito di svolgere il ruolo di capo pattuglia… così rendendo infruttuosa l’attività di intercettazione”. Ma indagato per favoreggiamento è anche Amos Benedetti, in servizio presso la stazione di Licciana Nardi, “perché aiutava Fiorentino a eludere le investigazioni, rivelandogli l’esistenza di un procedimento penale a suo carico e di intercettazioni sulle utenze a lui in uso”.
Oltre al favoreggiamento, c’è chi è accusato di rivelazione di segreto istruttorio: “Rivelava a Fiorentino l’esistenza di un procedimento a suo carico e di intercettazioni, notizie che dovevano rimanere segrete”. Un’inchiesta difficile. Con i carabinieri che hanno chiesto di indagare sui propri colleghi per poter dimostrare che l’Arma è sana. Ma qualcosa è andato storto. C’è stato anche chi ha chiesto ai superiori di essere sottratto alle indagini e dedicato ad altri compiti perché il clima era pesante. “Comunque sia l’inchiesta poggia su materiale raccolto da investigatori dell’Arma”, si fa notare in ambienti dei Carabinieri. E potrebbe essere soltanto il primo tassello: l’inchiesta sulla caserma di Aulla è conclusa, ma durante le indagini sarebbero emersi elementi che hanno dato il via a nuovi filoni. Tra l’altro si sta ancora cercando di stabilire se vi siano stati ricoveri in ospedale di persone picchiate nella caserma. Addirittura non è ancora esclusa l’ipotesi che vi sia una persona scomparsa. “Parliamo di immigrati, gente di cui a volte nessuno conosce il nome e la sorte. Persone dimenticate”, sospira uno degli investigatori. Un’ipotesi ancora senza riscontri, né indagati.
I 189 capi di imputazione riportati dai pm nell’avviso descrivono una caserma che sembra uscita da un film di Clint Eastwood. Ecco quattro militari accusati “di aver colpito ripetutamente (per un periodo di circa venti minuti) il signor K.E. con pugni, calci e scariche prodotte da due storditori elettrici (i teaser)… mentre costui era sdraiato a terra e ammanettato con le mani dietro la schiena”. Ma l’allora brigadiere della stazione di Aulla andava oltre: “Offendeva K.E. con espressioni come ‘fai schifo, marocchino bastardo’, con violenza e mediante abuso di autorità, mettendogli un dito nell’ano, e costringendolo a subire atti sessuali senza ragione alcuna se non razziale”. C’è poi chi “puntava la pistola al volto di A.R. e infilandogli la canna in bocca, proferiva le seguenti frasi ‘ti ammazzo’, ‘ti sparo’”. Un giochetto che all’immigrato costava un dente, lesioni al mento e all’arcata dentaria.
Altri episodi ricordano piuttosto film di Totò e Peppino De Filippo. Come quando alcuni appuntati in servizio ad Aulla la notte di Natale dichiarano di svolgere un servizio delicato per conto dell’Arma di Chieti. E invece sono a cena con i parenti. O quando due militari durante un controllo a un ambulante autorizzato “avendo avuto la disponibilità di un giocattolo erotico di forma fallica se ne appropriano”.
Un sistema che, secondo gli inquirenti, andava avanti da tempo. Poi gli immigrati si sono fatti coraggio e hanno cominciato a denunciare. Un avvocato che li difendeva ha presentato querela ed è stato minacciato: “Ti mandiamo a piedi”, gli avrebbe detto Alessandro Fiorentino, avvertendo che gli sarebbe stata tolta la patente. Perché i carabinieri di Aulla avevano paura dell’inchiesta giudiziaria. Non di punizioni interne, perché si sentivano le spalle coperte.