La Stampa 30.10.17
I Presidente della Toscana
Ma Rossi chiude la porta: “Non vedo le condizioni per allearsi con Matteo”
“Non capiscono lo strappo, e addirittura attaccano Grasso”
di Andrea Carugati
«Non
vedo le condizioni per un’alleanza col Pd alle prossime politiche. Due
settimane fa Roberto Speranza ha lanciato un ultimo appello a Renzi,
“Fermiamoci a riflettere sulla legge elettorale e niente voto di
fiducia”. La risposta sono stati altri 5 voti di fiducia, Pietro Grasso
ha lasciato il Pd parlando di una violenza contro il Senato. Parole che
sono ancora più credibili perché dette da un uomo delle istituzioni».
Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, è uno dei coordinatori
di Mdp, l’unico tra i big del nuovo partito che ancora governa insieme
ai dem.
Lei che governa la regione col Pd dovrebbe essere tra i
più attenti alle parole di Renzi che ha detto di volere una coalizione
di centrosinistra “senza veti”.
«Si sono approvati questa legge
con una grave forzatura e nell’apoteosi di Verdini e ora scoprono che
serve una coalizione? Non mi pare che nella discussione fatta dal Pd e
nelle parole di Renzi, sia emersa la gravità di quello che è stato
fatto, uno strappo irreversibile. Anzi, è stato detto che Grasso parla
come un ultras».
Questo è il motivo del vostro no?
«Le
distanze sui programmi sono molto forti, Renzi ha fatto politiche
neo-reaganiane che hanno aumentato le diseguaglianze. Ormai è un partito
di centro che guarda a destra. Non significa che il Pd sia il nostro
nemico, o che non si possa discutere sulla base dei programmi dopo le
elezioni. C’è una parte del Pd che è più sensibile ai temi che poniamo,
penso a Cesare Damiano sulle pensioni o sui licenziamenti. Si potrà fare
in modo pacato, senza invettive, senza ricorrere sempre a categorie
psicologiche come il rancore».
Renzi ha detto che senza il Pd “non c’è la rivoluzione socialista ma c’è Di Maio”.
«Questi
appelli alla sacra unione non mi paiono convincenti per quegli elettori
che hanno smesso di votare Pd. Anzi, credo che molti che si sono
rifugiati nel M5S possano tornare indietro di fronte a una nuova
sinistra. Per anni si è andati avanti col meno peggio e così siamo
arrivati al peggio. Ora basta».
Non voterete la legge di Bilancio?
«Io
non sono in Parlamento ma non la voterei. Si continua con i tagli alla
sanità e al sociale, scaricati sulle regioni ma sempre sulla pelle dei
cittadini. Sono politiche vecchie. Non mi convince la decontribuzione
per assumere i giovani: gli imprenditori mi dicono che non incentiva le
assunzioni, per una vera ripresa servirebbero investimenti pubblici che
sono sempre di meno».
Nel Pd molti big stanno pressando Renzi per
fare una alleanza anche con voi. Se dite no non rischiate di passare per
quelli che fanno vincere il centrodestra?
«Con i collegi, al Nord
il Pd perde anche se si allea con Superman. Al centro i loro dirigenti
dicono che vincono in ogni caso e il sud è una grande incognita.
Insomma, non vedo neppure per il Pd una grande necessità di fare accordi
con noi. Gentiloni? E’ vero, ci sono accenni di dialettica interna, ma
non portano mai a un ripensamento. Alla fine prevale sempre Renzi, gli
altri fanno al massimo la parte dei sottufficiali. Ma purtroppo Matteo
usa il vecchio schema che non funziona più, e non si adegua al
cambiamento dei tempi. Non ascolta l’insegnamento del Machiavelli».
Vuol dire che nel Pd gli altri big non contano?
«La
svolta in quel partito ci doveva essere il 5 dicembre, dopo il
referendum. Dirigenti come Franceschini, ma anche Delrio, avrebbero
dovuto chiedere un congresso vero e rimescolare le carte. E invece hanno
di fatto accettato la trasformazione nel partito di Renzi».
Dopo il voto in Sicilia le cose potrebbero cambiare?
«Noi
guardiamo con vivo interesse a quello che accade tra i dem, ma davvero
non credo che cambierà molto. Chi potrebbe cambiare la linea di Renzi?
Lui è stato legittimato dalle primarie, e andrà avanti per la sua
strada».