Il Fatto 30.10.17
Renzi e lo sgarbo a Gentiloni: non cita lo ius soli, “l’avevo appuntata, poi”. E poi fa il bullo anche con Franceschini
Il
segretario non cita lo Ius soli: “L’avevo appuntata, poi...”. Al
ministro dice: “Conosci i collegi”. Messaggio: deve guadagnarti i posti
per i tuoi. E dà dell’ultrà a Grasso
di Wanda Marra
La
foto di gruppo Matteo Renzi alla fine della Conferenza programmatica a
Pietrarsa la fa sul treno, davanti ai giornalisti, e non sul palco a
conclusione del comizio, come in tutte le ultime conclusioni pubbliche.
La squadra, che nell’intervento di sabato Paolo Gentiloni gli ha
raccomandato, è un concetto relativo: basta che sia chiaro chi decide.
Il
segretario del Pd parla in chiusura: “Sono più importanti i voti dei
veti. Non possiamo permetterci di chiudere l’alleanza senza avere il
centro e non possiamo mettere veti a sinistra”.
Il premier gli
aveva chiesto un allargamento, come da mesi fanno Orlando e
Franceschini, lui a parole lo segue. Ma la vera apertura è verso il
centro. Dà dell’ “ultras” a Pietro Grasso, appena uscito dal Pd. E anche
sui contenuti: “Dobbiamo avere due parole chiave: abbassare le tasse
sul lavoro. E poi ridurre le tasse alla famiglie”. A rivendicare le
politiche del governo – quelle che Mdp gli rimprovera – era stato Matteo
Orfini: “Io faccio fatica a immaginare un’alleanza con chi mi dice di
chiedere scusa per i 900mila posti di lavoro creati grazie al Jobs Act”.
L’apertura, dunque, è più di forma, che di sostanza. Renzi al massimo
spera di “svuotare” Mdp (e infatti “saluta” l’arrivo di Dario Stefano e
ancora aspetta Pisapia) e si rivolge al centro. Con quel mondo lì, da
Alfano a Casini, dai cattolici di Sant’Egidio, passando per il gruppetto
di Della Vedova e dei Radicali, c’è tutto un lavorio in corso. In
questi giorni, il treno si è trasformato in una specie di ufficio
trattative per i posti sicuri. Da vedere se poi il centro sceglierà l’ex
premier.
Ieri, intanto, i flash sono tutti per Maria Elena
Boschi: giro da diva, tacchi altissimi con borchie dorate (che poi si
cambia). E l’ influenza che l’avrebbe tenuta lontana dal Cdm di Visco?
Poi,
via sul treno. Renzi si porta dietro lei, più 6 ministri (Fedeli,
Minniti, Franceschini, De Vincenti, Pinotti e Madia), oltre a una serie
di parlamentari (Bonifazi, Richetti, Giachetti). La photo opportunity
stavolta suggerisce che il governo è sul treno.
Fondamentale
un’assenza nel comizio di Renzi: neanche una parola sullo ius soli, dopo
che Minniti e Gentiloni avevano espresso il loro impegno. In treno
Renzi a domanda risponde: “Me l’ero appuntato, poi..”. Poi, non ne ha
parlato. Distrazioni selettive. Chiarisce: “Se ci sarà la fiducia il Pd
la voterà convintamente. La decisione se metterla o no è nelle mani del
presidente del Consiglio”. Come dire, la scelta (e la responsabilità)
con i centristi che fanno le barricate e il rischio che si sciolgano le
Camere su un voto di sfiducia è tutta del premier. Non risparmia neanche
Franceschini: “Tu sarai contento, tu che sei sempre stato un fautore
della vocazione maggioritaria”, dice, prendendolo in giro. Poi lo invita
a tornare sul treno, a Ferrara: “Tu sai i collegi a memoria”. Una
maniera indiretta per fargli sapere che sia lui che i suoi uomini se
vogliono essere eletti i voti dovranno andare a prenderseli nei collegi,
non sperare in un posto nei listini sicuri. Il ministro della Cultura,
quando esce, non sorride più.
Renzi, invece, si diverte. Tanto che
si improvvisa pure capotreno. In un messaggio diffuso dall’altoparlante
avverte: “Gentili clienti, vi ringrazio per aver scelto il treno del
Pd, vi informiamo che il treno è in arrivo a Roma, con 25 minuti di
anticipo e questo conferma che il Pd è sempre avanti. Vi ringrazio per
averci scelto, vi sarò ancora più grato se lo farete a marzo del 2018”.
Incidentalmente, detta pure la sua data del voto. A proposito di chi
comanda. Almeno fino a prova contraria. Per cominciare, il voto in
Sicilia. Oggi comunque vola da Obama, a Chicago, con Giuliano da Empoli,
e sparisce per tutta la settimana.